La città e la metropoli
di Sir Old John Pajama
Arrivato in testa alle classifiche inglesi nell’ aprile del
1971 con il pezzo “Double Barrel” di Dave a Ansil Collins, il reggae, con
estrema soddisfazione dei critici musicali locali che lo detestarono fin dal
primo momento, nel Regno Unito venne dato per morto già sul finire di quello
stesso anno.
Il “nuovo” genere musicale, insomma, ascoltato fino a pochi
anni prima solo dai numerosi immigrati giamaicani, non venne
trattato diversamente da tante altre mode fuggevoli che caratterizzarono
la vita della capitale inglese fra l’ inizio degli anni 60 e quello dei 70.
“London’s burning”, del resto, per dirla alla Clash: quale
altra città al mondo brucia da sempre nelle sfolgoranti fiamme delle
innumerevoli effimere mode con le quali continua ad alimentare il suo fuoco
perenne?
Il successo dell’ early reggae, che fece più volte capolino
nelle top ten inglesi fra il 1968 ed il 1971, era d’ altro canto strettamente
connesso al fatto di essere stato adottato come musica di riferimento (insieme
allo ska ed al rock-steady) dagli adepti di una di queste innumerevoli
(effimere?) mode londinesi: gli skinheads. Quella degli skinheads è una sub-cultura
sottoproletaria sviluppatasi a Londra nello stesso periodo, che a sua volta
nasceva dal movimento mod, nato nella stessa città dieci anni prima. (Chiariamo
che questi skinheads non avevano nulla a che vedere con gli estremisti di
destra a cui oggi questo termine viene riferito). Il movimento non aveva
connotazioni politiche, ma solo socio-culturali e si sostanziava nell’
uniformarsi a determinati canoni comportamentali che volevano ispirarsi a
quelli dei rude boys giamaicani (per chi volesse approfondire sull' argomento rude boys: http://musicanidi.blogspot.it/2012/06/reggae-tales.html).
Ad ogni modo: brucia e brucia, Londra nel 1971 aveva già
deciso che skinheads e reggae potevano già dirsi acqua passata. Nel 1972 nella
capitale inglese già si impazziva per il glam-rock.
Quello che nel Regno Unito non potevano però sapere era che
giù a Kingston, nel frattempo, dei neri tutt’ altro che skinheads (e dai
dreadlocks anzi sempre più lunghi) non avevano ancora nemmeno lontanamente cominciato
a darci dentro sul serio.
A Kingston, infatti, la notizia che diversi pezzi registrati
sull’ isola avessero scalato le classifiche inglesi fece ovviamente un certo scalpore.
Eppure, grazie a Dio, c’erano ancora tantissimi artisti dei ghetti a quali di
questa cosa non poteva fregar di meno. Scriviamo “grazie a Dio” perché il reggae che si consumava in Inghilterra aveva connotazioni estremamente
commerciali (molti pezzi erano cover di pezzi inglesi o canzoni d’ amore) e se
quanto veniva esportato verso Londra fosse stato davvero tutto ciò che si
suonava a Kingston probabilmente il reggae sarebbe tramontato davvero in quel
lontano 1971.
In realtà nei ghetti di Kingston, dove Londra era solo un
effimero sogno lontano, un luogo distante quanto la Luna o Marte, si produceva
anche ben altro: il rastafarianesimo si insediava sempre di più nei testi delle
canzoni, i giri di basso e le ritmiche cercavano sempre più una cupa alleanza
con l’ Africa nera mai dimenticata.
Emblematico in tal senso è il caso di Satta Massagana. Incisa
già nel 1969 dagli Abyssinians allo Studio One di Coxsone Dodd, la canzone
venne accantonata (perchè non appetibile al mercato) fino al 1976, quando ricomparve nel doppio album del gruppo
chiamato appunto Satta Massagana, considerato oggi un capolavoro della musica
reggae. Il pezzo, il cui titolo è in aramaico antico e significa “Rendete
Grazie” contiene tutti gli elementi descritti sopra ed è un perfetto esempio di
quanto NON veniva esportato a Londra, mentre il reggae impazzava nelle top ten
inglesi all’ inizio dei 70.
Ecco perché, mentre la capitale inglese bruciava di nuove fuggevoli mode già dimentica dell’ early reggae,
non poteva sospettare che Kingston nel frattempo s’ apprestava ad alimentare ancora una volta le sue
fiamme con un combustibile ben più letale.
Qui sotto proponiamo dunque Satta Massagana. Pensata nel 1969, infiammò appunto Londra nel 1976.
Rendete grazie, gente, rendete grazie!
Enjoy!
Io ci sono sempre
RispondiEliminaPure io!!!!!!!!!!
RispondiEliminaMovimento mod ? Chiedo lumi, grazie.
RispondiEliminahttp://it.wikipedia.org/wiki/Mod
EliminaRicordiamo che riguardo alla cultura mod può essere illuminante la visione del film Quadrophenia del regista Frank Roddam, tratto dall' omonimo doppio album degli Who del 1973, che furono anche produttori esecutivi della pellicola. Il film, ambientato nella Londra del 1964, è un lungometraggio celebrativo della cultura mod, raccontata attraverso le vicende di un ragazzo appartente appunto a questa subcultura della capitale londinese.
Eliminarendo grazie a te Sir Old john!
RispondiEliminaSir Old John voglio conoscerti
RispondiEliminaehi sgallettata, ci sono prima io
EliminaMa non se la faceva già con Lady Badanna?
EliminaGiù le mani da Sir Old John!!!!
EliminaC' ero prima io!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
ma gli skinheads e i rasta si cagavano fra di loro?
RispondiEliminaIn realtà no. L' unica convergenza era il fatto di ascoltare la stessa musica, che in quegli anni a Londra era facilmente reperibile, perchè i negozi specializzati nell' importazione di 45 giri di musica giamaicana si erano moltiplicati a macchia d' olio.
EliminaDetto questo, ti riporto una battuta che sembra girasse a Londra in quel periodo:
"Se un bianco vuole entrare vivo in un locale giamaicano è meglio che laggiù conosca un sacco di gente. Ma se vuole essere sicuro di uscirne vivo è ancor meglio che lì dentro conosca tutti".
RESPECT!
EliminaSempre grande Sir!!!!!!!!!!!!!
RispondiEliminaDue anni fa sono andato a un concerto di un gruppo ska e c' era lì infatti un gruppo di teste rasate italiane con camicia a scacchi e bretelle che si muovevano come degli scimpanzè e mi ero proprio chiesto chi cazzo fossero.
RispondiEliminaAdesso ho capito ma devo dire che lì per lì mi erano sembrati tutti solo un gruppo di imbecilli.
Spero che Old John Pajama non me ne voglia.
No, ho capito cosa intendi però...allora uno potrebbe dire che sembrano degli imbecilli quelli che si vestono ancora da metallari, l' altro che sembrano imbecilli i punk, un' altro ancora che sembrano imbecilli i ragazzini che si vestono alla moda hip hop...per certi versi allora qualcuno potrebbe dire che sembra un imbecille anche "el milanes" con i dradlocks fino alla cintura...
EliminaCioè, io la penso così: finche uno non rompe le palle al prossimo e sta bene con se stesso, che si vesta come vuole e faccia della sua vita ciò che vuole, boh...
sempre che non sia uno di quegli imbecilli che si vestono alla moda hip hop pero'...
Eliminaoppure uno di quegli altri poveracci che si crede ancora negli anni '90 e si veste con le camicie dei tagliaboschi di seattle...
Eliminaquelli proprio sono degli imbecilli
beh! perche' quelli li' che vanno in giro con i giubbotti scoloriti degli iron maiden...dove li mettiamo?
EliminaMa vogliamo parlare dei paninari allora?
EliminaContinuo a pensare che sia molto più importante preoccuparsi di quelli vestiti da porci alle feste del PDL...
EliminaX Giovitto
EliminaCAZZO VUOI???? Tu come ti vesti? da pinguino in calore?
Bel pezzo Satta massagana, Sir...
RispondiEliminaSeguo questo blog ma la mia passione e' Tullio De Piscopo. Riuscirete mai a scrivere qualcosa su di lui ?
RispondiElimina