Fino a questo momento gli album che abbiamo preferito inserire in questa rubrica sono quelli che più si sono distaccati da quell'estetica wailersiana e marleyana del reggae che è quella che la maggior parte del grande pubblico conosce. Facciamo ora un break e rilassiamoci con Handsworth Revolution, capolavoro ed opera prima del gruppo britannico Steel Pulse.
Non v'è realmente granchè di rivoluzionario o innovativo in questo disco. Tra il 1972 ed il 1974 tre ragazzotti giamaicani di nome Bob Marley, Peter Tosh e Bunny Wailer avevano già messo a ferro e fuoco il mondo della musica (e non solo) con due bombe incendiarie come Catch a fire e Burnin' e l'esordio settantottino di questa formazione proveniente da Birmingham, e più precisamente dal quartiere di Handsworth, appunto, non faceva che ricalcarne tematiche e stilemi.
E dunque perchè includerlo fra i grandi classici del genere? Semplice: perchè lo è. Posto tutto quanto appena scritto, Handsworth Revolution è infatti un album ispirato e qualitativamente ineccepibile.
Lo è per grandi canzoni come Soldier, Prodigal Son, Ku Klux Klan, per il suo piglio sovversivo inconfutabilmente credibile, per i suoi arrangiamenti intensi ed avvolgenti, in cui ritmica, cori e chitarre si muovono sinuosi non rinunciando anche a fugaci inserti jazz, afro, e latini (si ascolti in tal senso soprattutto un pezzo come Prediction).
In sintesi dunque uno dei migliori dischi reggae che sia stato prodotto da una band del Regno Unito. Peccato solo che nelle sortite successive gli Steel Pulse non siano più riusciti a replicarne valore e spirito. Poco importa: Handsworth Revolution è una di quelle opere che basta da sola a consegnare i propri creatori alla storia. Da qui infatti l'importanza veridica che ancor oggi agli Steel Pulse viene unanimamente riconosciuta. Enjoy, peolple, 'cause STILL pulse!
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