di the wildcatter
23.04.2015 CALEXICO
Andare a un concerto non è solo andare ad ascoltare buona musica, ma anche mettere in un calderone, circostanze, sensazioni e stati d’animo, situazioni e persone, oggetti, casi strani e casi ordinari. Mescolare il tutto e cercare di capire l’effetto che fa.
Per l’unica data italiana dei Calexico io ci ho messo dentro più o meno quello che segue.
Alte aspettative per una band mai vista prima dal vivo, rielaborazione mentale del grande potere
evocativo di dischi come “Hot Rail” e “Feast of Wire” ascoltati a ripetizione tanti e tanti anni fa, dubbi
per la scarsa conoscenza delle altre prove discografiche della band, speranza di ascoltare quella cover dei
REM che hanno proposto in date precedenti del tour, tensione (!??!) per l’incertezza sulla presenza o
meno del direttore Seimani, un mio vago senso di irrequietezza, l’ora prima della partenza passata nel cortile
di un oratorio a giocare in giacca e cravatta con una banda di bambini riuniti per la festina di compleanno
della mia nipotina, bambini da me letteralmente conquistati regalando loro, a sorpresa, un tot di palloncini
e prestando loro semplici attenzioni, pensieri per chi avrebbe molto voluto essere presente ma che non
c’è, l’idea di pregustare quella cover dei REM, pensieri per chi non c’è e si sarebbe molto voluto che
partecipasse, la partenza in due invece che nel previsto gruppetto di aficionados, il deserto della
BreBeMi, alcuni retro pensieri lavorativi, l’insolito ruolo di passeggero durante il viaggio, il pensiero che
riuscire ad ascoltare “The One I love” dei REM sarebbe davvero un colpaccio, i panini rubati alla festina
di cui sopra usati come cena e che potevano essere qualcuno in più, la Coca Cola calda, sonore risate,
piacevoli racconti di aneddoti musicali, la spiacevole figura del losco bagarino associata ai tentativi
maldestri di vendere il mio biglietto in più, ancora quella canzone dei REM, il gruppo spalla versione
“Mumford & Son” dei poveri ma a tratti piacevole.
L’entrata in scena dei Calexico, i convinti sorrisi che si scambiano i musicisti, il caldo, il filo di depressione per la mia atavica incapacità di battere le mani a tempo e l’inevitabile mio essere fuori sincrono durante questo esercizio molto praticato dal pubblico e molto stimolato dalla band, il lieve disappunto per una versione sotto le aspettative di una delle mie canzoni preferite (“Ballad of Cable Hogue”), il mix di sensazioni generato dal fatto che a un certo punto fanno una versione pazzesca di “Love will tear us apart” e quindi però forse poi non ci sarà spazio per la canzone dei REM, il pubblico molto milanese, la percezione del grande mestiere e della sintonia di tutti i componenti del gruppo, la fisarmonica illuminata, la pianola a fiato delle medie, i fiati e il contrabbasso, l’amalgama dei suoni e quel sound così piacevolmente riconoscibile, il desiderio di essere teletrasportati seduta stante in un piccolo e rumoroso saloon a bersi una birra e fuori avere solo cactus e deserto, una certa rilassatezza momentaneamente conquistata, i volumi giusti, il tempo che scorre bene, le foto più o meno inutilmente scattate, il crescendo dei bis.
La genuina soddisfazione che già si manifesta al solo sentire la prima nota di The One I Love dei REM, il godersi questa canzone tanto attesa e chissà poi il vero perché (con tanto che in questo contesto rischio quasi di apparire irrispettoso nei confronti del ricco e fascinoso repertorio dei Calexico) e poi tutto quello che è venuto dopo, pur continuamente insidiato dall’insinuarsi nella mia mente di quella canzone dei REM : Vinicio sul palco (sì proprio lui, Capossela), lo straniamento nel seguire un po’ di cantato in italiano, gli applausi meritati, la presentazione della band, il tonfo di un microfono che cade, il doppio bis reclamato e ottenuto, il sincero “unbelievable” sussurrato poco prima del commiato dal leader della band a rimarcare la soddisfazione di essere davvero riuscito a regalare un bello spettacolo, le luci che si accendono, il vinile comprato e, poi, di nuovo, il deserto della BreBeMi.
L’entrata in scena dei Calexico, i convinti sorrisi che si scambiano i musicisti, il caldo, il filo di depressione per la mia atavica incapacità di battere le mani a tempo e l’inevitabile mio essere fuori sincrono durante questo esercizio molto praticato dal pubblico e molto stimolato dalla band, il lieve disappunto per una versione sotto le aspettative di una delle mie canzoni preferite (“Ballad of Cable Hogue”), il mix di sensazioni generato dal fatto che a un certo punto fanno una versione pazzesca di “Love will tear us apart” e quindi però forse poi non ci sarà spazio per la canzone dei REM, il pubblico molto milanese, la percezione del grande mestiere e della sintonia di tutti i componenti del gruppo, la fisarmonica illuminata, la pianola a fiato delle medie, i fiati e il contrabbasso, l’amalgama dei suoni e quel sound così piacevolmente riconoscibile, il desiderio di essere teletrasportati seduta stante in un piccolo e rumoroso saloon a bersi una birra e fuori avere solo cactus e deserto, una certa rilassatezza momentaneamente conquistata, i volumi giusti, il tempo che scorre bene, le foto più o meno inutilmente scattate, il crescendo dei bis.
La genuina soddisfazione che già si manifesta al solo sentire la prima nota di The One I Love dei REM, il godersi questa canzone tanto attesa e chissà poi il vero perché (con tanto che in questo contesto rischio quasi di apparire irrispettoso nei confronti del ricco e fascinoso repertorio dei Calexico) e poi tutto quello che è venuto dopo, pur continuamente insidiato dall’insinuarsi nella mia mente di quella canzone dei REM : Vinicio sul palco (sì proprio lui, Capossela), lo straniamento nel seguire un po’ di cantato in italiano, gli applausi meritati, la presentazione della band, il tonfo di un microfono che cade, il doppio bis reclamato e ottenuto, il sincero “unbelievable” sussurrato poco prima del commiato dal leader della band a rimarcare la soddisfazione di essere davvero riuscito a regalare un bello spettacolo, le luci che si accendono, il vinile comprato e, poi, di nuovo, il deserto della BreBeMi.
com'è il Fabrique? Quanta gente ci sarà stata?
RispondiEliminadal loro sito si parla di capienza max 2500 persone.
Eliminanel caso dei Calexico c'erano dei tendoni opportunamente piazzati per ridurre gli spazi ed evitare, alla faccia dei Calexico, un effetto "deserto".
intento perfettamente riuscito, il locale appariva gremito. non so dire quante persone, se dovessi sparare un numero senza garantirne l'attendibilità direi 1.500/1.600.
in ogni caso per me il locale promosso. per chi viene da Brescia poi evita di entrare nel centro di Milano e in un'ora secca si arriva (grazie al deserto della Brebemi)
2.950... (ho sbagliato a digitare!) Sorry
EliminaIl nuovo album, come gli ultimi del resto, lo trovo noiosamente poppeggiante. Tanta nostalgia dei vecchi tempi, tanta....
RispondiEliminaGarden Ruin e Carried to dust inutilissimi. Algiers decisamente meglio, l'ultimo non l'ho ancora ascoltato. Comunque tra tutti questi titoli e quanto prodotto fino a Feast of wire c'è un baratro.
EliminaD'accordo su tutto ma l'ultimo sembra decisamente incoraggiante.
Elimina1997 - Spoke
RispondiElimina1998 - The Black Light
2000 - Hot Rail
2003 - Feast of Wire
2006 - Garden Ruin
2008 - Carried to Dust
2012 - Algiers
2015 - Edge of the Sun
Nel deserto della brebemi è però obbligatorio ascoltare i vecchi Calexico
RispondiEliminaIo quando sono stato negli States sono andato giù fino al confine tra Messico e Arizona solo per bermi una birra a Calexico e...non era mica chiusa l'uscita dell'autostrada? Che sfiga...
RispondiEliminaDura Lex sed Calex
RispondiEliminaEl Polpo D'Amor POGBA
RispondiEliminaSETLIST
RispondiEliminaFalling From the Sky
Across the Wire
Cumbia de Donde
Splitter
Two Silver Trees
Miles from the Sea
Minas de cobre (For Better Metal)
All Systems Red
Moon Never Rises
Ballad of Cable Hogue
(with Sarah)
World Undone
Esperanza
Fortune Teller
Coyoacán
Not Even Stevie Nicks
Love Will Tear Us Apart
(Joy Division cover)
Alone Again Or
(Love cover)
Puerto
Encore:
Bullets & Rocks
Tapping on the Line
Crystal Frontier
The One I Love
(R.E.M. cover)
Polpo d'amor
(Vinicio Capossela cover) (with Vinicio Capossela)
Pena de l'alma
(Vinicio Capossela cover) (with Vinicio Capossela)
Beneath the City of Dreams
Güero canelo
Encore 2:
Corona
(Minutemen cover)
Follow the River
ma quanto hanno suonato sei ore?
EliminaSemper en giro ah?
RispondiEliminaAlgiers è semplicemente un capolavoro.
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