Di TheDrillerKiller
Vivos los llevaron
Vivos los queremos
Vivos los queremos
I muri parlano, ad Ayotzinapa così come sulle strade del Messico, i muri parlano e raccontano la storia di morti, sparizioni, rapimenti e omicidi. Parlano di violenza, parlano di un paese sprofondato nella violenza, un paese in guerra. Un paese che viaggia dai primi anni del secolo ad un ritmo di 10.000 omicidi all'anno con un picco dal 2007 in poi che ha portato la cifra quasi a triplicarsi arrivando negli ultimi sette anni alla quota di 85.000. Omicidi di studenti, assassini di giornalisti, di migranti, di donne, di bambini, sparizioni di rappresentanti della società civile e soprattutto omicidi di Stato, ma non era una guerra al narcotraffico?
Come quelli di Ayotzinapa dove nel 2014, 43 studenti di un istituto magistrale in viaggio per Città del Messico vengono intercettati a Iguala nello Stato di Guerrero dalla polizia e sequestrati dopo una cruenta sparatoria che lascia diversi cadaveri tra cui un paio di malcapitati e un giovane torturato a cui viene scuoiata la pelle del viso e cavati gli occhi. Da quel momento in poi solo supposizioni e una certezza, anzi due. I 43 desaparecidos non sono più tornati a casa e il sindaco e la moglie di Iguala vengono arrestati e incriminati il mese successivo.
Come quelli di Ayotzinapa dove nel 2014, 43 studenti di un istituto magistrale in viaggio per Città del Messico vengono intercettati a Iguala nello Stato di Guerrero dalla polizia e sequestrati dopo una cruenta sparatoria che lascia diversi cadaveri tra cui un paio di malcapitati e un giovane torturato a cui viene scuoiata la pelle del viso e cavati gli occhi. Da quel momento in poi solo supposizioni e una certezza, anzi due. I 43 desaparecidos non sono più tornati a casa e il sindaco e la moglie di Iguala vengono arrestati e incriminati il mese successivo.
Un fatto incredibile e simbolico, reale e terribile che racconta di come le istituzioni siano completamente colluse e complici della violenza cieca del narcotraffico tanto da chiedergli favori di ordine pubblico come far sparire 43 studenti che chiedevano solo un mondo più giusto; racconta di come i cartelli della droga siano prepotentemente radicati negli ingranaggi delle istituzioni del grande paese nord americano.
Il cartello di Sinaloa, il cartello di Tijuana, del Golfo, degli Zeta, i Cavalieri Templari, la Famiglia Beltran-Leyva, la Famiglia di Michoacan e quella di Jalisco Nuova Generazione solo per citare alcuni nomi tra i più conosciuti, rappresentano la chiave di lettura della trasformazione del traffico di droga da almeno 40 anni a questa parte nel suo cammino sempre più redditizio verso la destinazione finale. Colombia - Messico - Usa. Questo triangolo della morte ha incrementato il suo commercio grazie anche e soprattutto alla firma di accordi di libero commercio come il NAFTA entrato in vigore il 1º gennaio del 1994, non a caso lo stesso giorno scelto dall'EZLN per mostrarsi al mondo . Il libero commercio, delle merci, delle multinazionali, che soffoca i piccoli e medi produttori, le piccole e medie imprese, i contadini e gli allevatori ma che permette ai narcotrafficanti di ritrovarsi il cammino del loro traffico libero da impedimenti, controlli e seccature. Il liberismo, il libero mercato.
Un file rouge che Don Winslow conosce bene e denuncia con grande maestria narrativa in un romanzo avvincente e sorprendente come Il Potere del Cane (2005). In un caleidoscopio di fuochi d'artificio a base di piombo caldo e sangue a fiumi, il giallista newyorkese, ci racconta la nascita e l'apogeo di un cartello messicano, di Sinaloa, dal 1975 al 2000. Lo fa con una narrazione asciutta, poco propensa al melodramma, una cronaca secca e infernale di terribili omicidi, tradimenti e fughe mirabolanti in un contesto però non solo realistico ma reale. Se i nomi e i protagonisti sono inventati, infatti, le loro storie sono vere e la cronaca è lì a dimostrarlo in tutta la sua terribile crudezza. Art Keller detective della DEA, il buono della faccenda, è costretto ad inseguire i fantasmi di un passato zeppo di errori nel quale è riuscito nell'impresa di sostituire un signore della droga con un altro dando potere a una famiglia di narcotrafficanti.
La resa dei conti aleggia per tutte le oltre 500 pagine del romanzo. In mezzo c'è di tutto: dall'origine del male, cioè la Colombia in guerra, con le FARC, i gruppi paramilitari, i contadini che coltivano la coca e vengono irrorati di veleno dagli aerei delle multinazionali di cui sopra; passando per l'America Centrale, le sue guerre, rivoluzioni e controrivoluzioni, fino al Messico di cui si è già detto. Ma l'ombra lunga che muove i fili è sempre quella degli Stati Uniti; creatori di infiniti piani eversivi che giustificano orrendi crimini con la scusa della difesa personale, del contrasto al "comunismo" o a qualsiasi movimento o gruppo "eversivo" che richiami quell'idea. I piani citati nel romanzo sono reali così come reali sono i gruppi paramilitari addestrati dai marines, la contra in Nicaragua voluta dagli USA, gli assassini del Monseñor Romero (oggi beato) in Salvador cresciuti, istruiti e foraggiati dagli USA, alla famigerata SOA (School Of Americas).
La resa dei conti aleggia per tutte le oltre 500 pagine del romanzo. In mezzo c'è di tutto: dall'origine del male, cioè la Colombia in guerra, con le FARC, i gruppi paramilitari, i contadini che coltivano la coca e vengono irrorati di veleno dagli aerei delle multinazionali di cui sopra; passando per l'America Centrale, le sue guerre, rivoluzioni e controrivoluzioni, fino al Messico di cui si è già detto. Ma l'ombra lunga che muove i fili è sempre quella degli Stati Uniti; creatori di infiniti piani eversivi che giustificano orrendi crimini con la scusa della difesa personale, del contrasto al "comunismo" o a qualsiasi movimento o gruppo "eversivo" che richiami quell'idea. I piani citati nel romanzo sono reali così come reali sono i gruppi paramilitari addestrati dai marines, la contra in Nicaragua voluta dagli USA, gli assassini del Monseñor Romero (oggi beato) in Salvador cresciuti, istruiti e foraggiati dagli USA, alla famigerata SOA (School Of Americas).
Reali sono gli intrecci tra lo Stato, la Chiesa e i cartelli della mafia soprattutto nel Messico odierno. Un quadro disarmante, un inferno dantesco dentro al quale si muovono un'infinità di personaggi degni di un'epopea. Un'opera nella quale il protagonista non è altro che una pedina che annaspa cercando disperatamente di avere ragione di un rompicapo più grande di lui:
"Sono solo il complice di una guerra segreta. La Guerra alla droga. L’ho combattuta tutta la vita, maledizione, ma per che cosa? Per vedere miliardi di dollari sprecati nel vano tentativo di bloccare il passaggio degli stupefacenti attraverso una frontiera che è un colabrodo? Per scoprire che soltanto un decimo dei fondi stanziati viene speso in campagne di informazione e programmi di cura, contro i nove decimi destinati alle attività di repressione? E come se non bastasse, nessuno ha mai investito abbastanza per risolvere il problema alla radice. Spendiamo miliardi per tenere in prigione i colpevoli di reati connessi alla droga, e le carceri si riempiono a tal punto che siamo costretti a liberare degli assassini. Per non parlare del fatto che in America i due terzi dei crimini «non connessi alla droga» vengono compiuti da persone che si trovano sotto l’effetto degli stupefacenti o dell’alcol. E le nostre soluzioni sono le solite, inutili non-soluzioni: costruire nuove prigioni, assumere più poliziotti, spendere altri miliardi di dollari per non curare i sintomi ed evitare a tutti i costi di studiare la malattia. Nel quartiere dove abito, la maggior parte di quelli che vorrebbero disintossicarsi non possono nemmeno permettersi di entrare in terapia: le polizze sanitarie che rimborsano quel genere di interventi costano una fortuna, e sono in pochi ad averle. E la lista d’attesa per ottenere un posto letto in un centro di cura convenzionato va da sei mesi a due anni. Spendiamo quasi due miliardi di dollari per avvelenare i campi di coca e i bambini in una zona sperduta della giungla colombiana, e a casa nostra non abbiamo i soldi per aiutare chi vuol farla finita con la droga. È una follia!"
Quale colonna sonora? Quella che volete, ma, per capire a fondo quanto sia radicata la cultura del traffico e dei cartelli nella società messicana potreste disgustarvi con la violenza dei narcocorridos, le storie cantate allo stile norteño o al ritmo della ranchera che narrano le vicende di questi violentissimi semidei che decidono della vita e della morte dei loro concittadini. Ce ne sono tanti di gruppi o cantanti che per 5 minuti di celebrità sono disposti addirittura a colludere con i cartelli, un po' come i nostri neo melodici napoletani che molto spesso fanno il filo ai camorristi di turno. I più famosi sono senz'altro Los Tigres del Norte da Sinaloa.
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