Bruce Springsteen - Born To Run, l'autobiografia

di Johnny Clash

"...un giorno uno dei miei compagni era venuto a dirmi che per continuare a fare il suo lavoro gli servivano più soldi. Gli avevo risposto che, se avesse trovato al mondo un musicista nella sua posizione più pagato di lui, sarei stato lieto di concedergli un aumento. Avevo aggiunto però che poteva risparmiarsi la fatica: bastava che andasse in bagno chiudesse la porta e si guardasse allo specchio. "E' così che funziona nel mondo reale", gli avevo spiegato, al che lui mi aveva guardato dritto negli occhi e aveva replicato senza traccia di ironia: "E noi cosa c'entriamo con il mondo reale?""

Quella di Bruce Springsteen & The E Street Band è generalmente considerata una delle epopee rock più grandiose ed affascinanti di sempre. Merito sicuramente di quelle pietre miliari del cantautorato americano che l'artista del New Jersey ha sfornato in 43 anni d'onorata carriera, ma senz'altro anche dell'alone leggendario, romantico e romanzesco che da sempre circonda la sua figura e quella dei suoi compagni d'avventura. Conosciutisi praticamente ancora teenagers e cresciuti assieme fra i locali che proponevano musica dal vivo lungo le località balneari della Jersey Shore, hanno finito col divenire l'incarnazione stessa di quei valori popolari, ed epici al contempo, messi in scena da Bruce nelle sue canzoni e nei suoi show, primo fra tutti il senso d'appartenenza ad una comunità e tutto ciò che ne consegue: amicizia, cameratismo, lealtà, coerenza, rispetto reciproco. Born to run, recante lo stesso titolo di un'altra celeberrima biografia del Boss, quella di Dave Marsh pubblicata nel 1979, ci offre per la prima volta la storia raccontata dalla soggettiva del protagonista, bravo nel non nascondersi dietro ad un mito alla "volemose tutti bene" per mostrarcene invece (per quanto concesso dal rispetto della privacy altrui) anche gli scontri, le contraddizioni, le debolezze, così da farci apprezzare ancor di più la travolgente forza alla base di un sodalizio così longevo.  A fondo pagina Springsteen ringrazia le persone che l'hanno aiutato a prepararla nella miglior forma possibile, ma la lettura confermerebbe l'assenza di qualsivoglia coautore o ghost writer: il tono è colloquiale, sciolto ed a tratti piacevolmente disordinato e sbadato. Sì, come ci mettemmo la mano sul fuoco anche per l'altrettanto ammirevole autobiografia del suo alter ego Neil Young, questa cosa l'ha davvero scritta lui.


Il racconto prende ovviamente le mosse dal paese natale e dalla famiglia: con passione Bruce ricorda la sua infanzia nella cittadina di Freehold vicino alla quale abita tutt'ora, un sobborgo operaio nell'entroterra del New Jersey in gran parte popolato da immigrati italiani ed irlandesi. Con coinvolgente trasporto ci catapulta così nella puritana provincia americana dei primissimi anni 50 e nella quotidianità di una famiglia non proprio benestante, ma che con con dignità e coraggio cercava di barcamenarsi alla meglio in quella realtà non così facile. Un'infanzia comunque sostanzialmente felice, anche se segnata da rapporti familiari anomali ed estremi: due nonni follemente iperprotettivi a causa della perdita di una figlia piccola in un incidente stradale, il padre Doug alcolizzato, depresso ed apatico, la cui figura monolitica segnerà indelebilmente tutto il proseguo dell'opera, le amate sorelle, e la madre d'origini italiane Adele Zirilli, vera colonna portante della famiglia grazie alla sua vitalità, al suo ottimismo ed alla sua grandissima forza interiore. Momento culmine di questa parte del libro è l'apparizione di Elvis nel 1957 all' Ed Sullivan Show, sulla quale Springsteen scrive alcune pagine bellissime nel tentativo di rendere completamente tangibile la potenza detonante che questa suscitò in lui ed in generale sull'America di quegli anni.

La parte più divertente ed avvincente è però quella che segue, nella quale il Boss comincia a trattare della sua adolescenza fino alla registrazione dell'album d'esordio: i primi gruppi musicali, l'impatto della British Invasion, di Bob Dylan, le serate passate a suonare nei locali del New Jersey tra una rissa e l'altra, le ragazze, le notti passate in spiaggia...La sua famiglia parte per la California, ma Bruce decide di non seguirli, forte del fatto di riuscire già a sostentarsi suonando dal vivo in alcuni pub. E' così che la sua casa natale diventa per un breve periodo una sorta di piccola comunità hippie, benchè il nostro continui a sostenere di non aver fatto mai uso di droghe a causa di un equilibrio psichico già abbastanza fragile e dello shock generatogli da un infanzia alla mercè di un padre amato, ma distrutto dall'alcool. La storia si infarcisce in queste pagine di una miriade di personaggi spassosi a coloriti: costruttori di tavole da surf, surfisti, ubriaconi, spogliarelliste, perdigiorno, istrionici proprietari di honky tonk bars, produttori musicali improvvisati e tanti musicisti, fra i quali fanno capolino quei ragazzi che un giorno tutto il mondo avrebbe conosciuto come E Street Band. Con gli Steel Mill, una compagine musicale dedita al blues-rock psichedelico, arrivano le prime soddisfazioni. Pur non avendo mai registrato un album in studio il gruppo richiama nelle sue roccaforti un pubblico di 2mila, 3mila persone ogni sera. E' questa una parte della vita di Bruce poco conosciuta ai più, ma già ampiamente riportata in altre biografie, che però il racconto in prima persona rende davvero appassionante.

Si arriva in questo modo a parlare di Born to run quando ormai una buona metà delle circa 500 pagine del libro sono già state voltate. Gli aneddotti quasi picareschi lasciano qui più spazio al racconto degli album (per quanto la storia di come Bruce e Little Steven siano stati cacciati un giorno da Disneyland sia davvero divertente), dei quali il Boss racconta con grandi sintesi e sobrietà concepimento e realizzazione, spendendo ovviamente qualche parola anche sui relativi concerti a seguire. E' questa la parte dell'opera dove si fa sempre più dettagliato anche il racconto delle violentissime crisi depressive con le quali il nostro ha ormai a che fare da decenni, con annessa ammissione di non riuscire più a condurre una vita normale senza l'ausilio di farmaci. Per chi abbia già letto altre biografie del Boss è senz'altro questa la novità più eclatante del libro, perchè mai era emerso prima d'ora che il problema rivestisse una sì profonda gravità nella vita del cantautore statunitense. C'è spazio anche per il toccante ricordo dei compagni persi per strada (Danny Federici e Clarence "Big Man" Clemmons, rispettivamente organista e sassofonista della band), ma fuori da quest'ombra buia destinata e segnarne ed accompagnarne tutta l'esistenza restano solo le emozioni dispensate dai tour e soprattutto le semplici avventure quotidiane di un ricco padre di famiglia americano: l'amore per la moglie, i figli (che ringrazia ripetutamente per la pazienza ed ai quali il libro viene dedicato), un maneggio di cavalli, le corse in moto in lungo e in largo con i fratelli Delia, proprietari di una motorimessa e compagni di Bruce nelle sue scorribande su due ruote.

A concludere: quante buone ragioni ci sono per comprare quest'autobiografia? Diverse, ma soprattutto due. La prima: questa è davvero la storia rivista attraverso le parole di Bruce Springsteen, uno che con le parole ci ha sempre saputo fare e che oggi ha alle sue spalle una storia davvero grande. La seconda: perchè Springsteen è Springsteen. Uno dei capitoli più belli è quello in cui i Rolling Stones lo invitano a suonare Tumblin Dice durante una data del loro tour del 2012. Il Boss, che allora era già tornato a riempire stadi da 80.000 posti, senza contegno ci racconta tutto il suo entusiasmo quasi infantile per l'imminente appuntamento: del cuore che gli batteva all'impazzata dopo la telefonata di Mick Jagger, delle gambe che gli tremavano quando il giorno prima dello show raggiunse lui, Keith Richards e gli altri in una spartana sala prove per preparare il pezzo, di come si sia emozionato appunto come un bambino suonando con i suoi vecchi idoli in quella stanza per tutto il pomeriggio, di come abbia immediatamente telefonato al fido compagno di mille avventure (e membro della E Street) Little Steven Van Zandt per la voglia irrefrenabile di raccontarlo subito a qualcuno, e dell'emozione della sera dopo di fronte a migliaia di persone. Arrivi in fondo ad aneddoti come questo e pensi: eccoli i pezzi da novanta! Ci sono i milioni di dollari, le TV, i dischi belli ed i dischi brutti, ma questa è soprattutto gente che ha vissuto, vive e vivrà per sempre la musica, perchè ancora capace di emozionarsi con essa. Che poi forse è la vera chiave del perchè, in mezzo a tutto l'amabaradan che li circonda, riescono ancora ad emozionare così tanto anche noi.

(L'uscita del libro è stata accompagnata dall'uscita della raccolta (l'ennesima, uff!) Chapter and Verse, composta da chicche (anche rarissime registrazioni di pezzi incisi con Castiles e Steel Mill, i suoi primi gruppi), inediti, ed altri brani invece conosciutissimi dell'artista in questione. Vorrebbe essere la colonna sonora ideale della lettura. In verità è un mero prodotto per appassionati e collezionisti. Del Bruce di oggi vi consigliamo invece i bootleg ufficiali dell'ultimo tour, durante il quale lui e la band si sono di nuovo resi protagonisti di serate memorabili, fra le migliori di tuta la loro carriera. Le registrazioni sono scaricabili per pochi euro dal sito: http://live.brucespringsteen.net/)



Tracklist:

1. Baby I — The Castiles (registrata il 2 maggio 1966 al Mr. Music, Bricktown, NJ; scritta da Bruce Springsteen e George Theiss; inedita) 
2. You Can’t Judge a Book by the Cover — The Castiles (registrata il 16 settembre 1967 al The Left Foot, Freehold, NJ; scritta da Willie Dixon; inedita) 
3. He’s Guilty (The Judge Song) — Steel Mill (registrata il 22 febbraio 1970 al Pacific Recording Studio, San Mateo, CA; inedita) 
4. Ballad of Jesse James — The Bruce Springsteen Band (registrata il 14 marzo 1972 al Challenger Eastern Surfboards, Highland, NJ; inedita) 
5. Henry Boy (registrata a giugno 1972 al Mediasound Studios, New York, NY; inedita) 
6. Growin’ Up (registrata il 3 maggio 1972 al Columbia Records Recordings Studios, New York, NY; già presente in ‘Tracks’) 
7. 4th of July, Asbury Park (Sandy) (1973, ‘The Wild, The Innocent & the E Street Shuffle’) 
8. Born to Run (1975, ‘Born to Run’) 
9. Badlands (1977, ‘Darkness on the Edge of Town’) 
10. The River (1980, ‘The River’) 
11. My Father’s House (1982, ‘Nebraska’) 
12. Born in the U.S.A. (1984, ‘Born in the U.S.A.’) 
13. Brilliant Disguise (1987, ‘Tunnel of Love’) 
14. Living Proof (1992, ‘Lucky Town’) 
15. The Ghost of Tom Joad (1995, ‘The Ghost of Tom Joad’) 
16. The Rising (2002, ‘The Rising’) 
17. Long Time Comin’ (2005, ‘Devils & Dust’) 
18. Wrecking Ball (2012, ‘Wrecking Ball’)

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