Amo i libri impossibili. Non solo quelli che non esistono in quanto inventati (ah, il Necronomicon…o no?) ma anche quelli che non sono stati ancora realizzati per vari motivi. Amo i libri impossibili perché amo i libri e non mi bastano quelli che esistono e non passa giorno in cui sogno un libro, perché lo desidero, lo bramo…
Ci sono libri che esistono in altre lingue e non in italiano ma ci sono libri che proprio nessuno ha mai fatto. E che quando poi escono, gli occhi di coloro che li avevano sognati si aprono e luccicano di felicità.
Ecco, il libro che ha scritto Francesco Ceccamea è un libro impossibile, diventato realtà! Un libro intitolato Shocking Metal. Shocking Metal. La storia del giornalismo metallaro in Italia. EH? La storia del giornalismo Metal in Italia? Allora, il primo impulso nel momento in cui ho letto un riferimento a questo libro su facebook è stato: “Devo ASSOLUTAMENTE leggerlo!” Perché? Perché: primo, non c’è praticamente nessun libro di storiografia rock; secondo, le riviste e in generale tutto ciò che si vende in edicola (luogo poetico per me!) sono in generale qualcosa che amo, sia nel presente che come oggetti di nostalgia; terzo, perché tra la fine degli anni ‘80 e la metà degli anni ‘90 ho letto con avidità e passione smodata che avevo e ho per la musica, riviste rock ma forse ancor più metal che trovavo ancora più interessanti forse perché quel genere era qualcosa che mi appariva segreto, vietato, non autorizzato…
Poi sono arrivati alcuni pensieri vari! Intanto che giornalismo metal è un rarissimo ossimoro. Poi mi sono chiesto chi era il pazzo che l’aveva scritto ma soprattutto chi era l’ancor più pazzo editore che lo aveva pubblicato. L’editore è Crac edizioni che conosco bene per aver pubblicato due libri di Antonello Cresti, un altro uomo dei libri impossibili, autore di Solchi sperimentali e Solchi sperimentali Italia che ho invitato a presentare i suoi libri a Brescia e anche due straordinari libri sul cinema exploitation del grande critico Rudy Salvagnini. L’autore è Francesco Ceccamea curatore del folle blog Sdangher - sdangher.it - un blog pieno di volgarità gratuite e battutacce e metallo molto bello (e ci scrivono anche delle signore).
Uno che ne sa molto di riviste Metal e che scrive anche in due riviste resistenti ovvero Classix e Classix Metal dirette dal mitico Fuzz Pascoletti. E dato che siamo nel 2016 e non nel 1990 quando per parlare con qualcuno che aveva scritto un libro bisognava cercare sulla guida del telefono tutti quelli con quel nome senza magari sapere neanche in quale città cercare, ho pensato bene di contattarlo su facebook ed ecco quindi questa eccezionale finta intervista! Certo, perché io gli ho inviato tutte le domande e lui ha risposto in un colpo solo, come si fa oggi in questo mondo triste! Però noi abbiamo aggiunto e tolto cose lavorando insieme con lo strumento di Google Drive quindi siamo migliori di quelli che fanno le interviste finte sulle riviste!
Stefano Raiso: Ciao Francesco, come stai? Hai appena pubblicato Shocking Metal! Che soddisfazioni ti sta dando? Lo stai promuovendo? Hai intenzione di presentarlo dal vivo?
Francesco Ceccamea: Sto bene, dai. Il libro è uscito e già questo mi soddisfa. Sta anche andando bene. Su facebook trascorro ore a difenderlo. Sono venute fuori un sacco di polemiche. Me le aspettavo. Dico la mia, non è che mi piaccia tutto della Storia del giornalismo metal italiano. Quello che più mi fa sorridere è che molti reclamano di non essere stati coinvolti, ma se avessi interpellato tutti quanti avrei dovuto pubblicare un’opera in fascicoli che non finiva più. Stiamo parlando di Giornalismo Metal, mica della Storia Del Cavallo.
S.R: Quando e come ti è venuta la folle idea di scrivere un libro sulla storia del giornalismo mettallaro italiano?
F.C.: Sul mio blog, Sdangher, avevo già pubblicato articoli sul mondo delle riviste metal e interviste ad alcuni dei vecchi protagonisti. Il responso di pubblico era persino maggiore delle news sui preservativi a forma di Ken Shiro prodotti in Giappone. Dovevo tirarne fuori un libro. Sono sempre stato in fissa con questo argomento. Signorelli, Fuzz, Riva erano i miei eroi a quindici anni.
S.R.: Lo sai che il tuo libro mi ha fatto venire voglia di andare in cantina a cercare se avevo ancora i Metal Shock vecchi, gli HM, i Flash, gli Psycho? E non solo, mi ha fatto venire voglia di prendere i nuovi numeri di Classix e Classix Metal!
F.C.: Speravo in una reazione del genere. Ho sempre amato quel giornalismo metallaro alla Fuzz capace di farti alzare il culo e procurarti i dischi e gli artisti di cui si parla. Scrivere di musica deve condurre alla musica, all’ascolto. Questo è il senso del giornalismo musicale per me.
S.R.: Parliamo delle riviste musicali in generale. Cosa ti piace nelle riviste musicali cartacee? Possono sopravvivere alla crisi del settore? E come secondo te?
F.C.: Secondo me no. O meglio, tra qualche tempo finirà che le riviste on line su commissione produrranno un numero di copie cartacee per i pazzi disposti a comprarle. Tipo oggi le band black metal underground che per chi le vuole producono una versione in cassetta dei loro album, con tanto di copertina in bianco e nero fotocopiata e la marca TDK ben in evidenza. Riguardo alle riviste rock in generale credo che oggi abbia senso soprattutto il lavoro di approfondimento e recupero fatto da Fuzz e Classic Rock. Rock Hard, come dico nel libro, per la sua necessità di raccontare con un cavallo da tiro la realtà metallica che invece, essendo realtà, va veloce quasi come internet, si ritrova a essere più una versione cartacea di Metalitalia non aggiornata da venti giorni. Ho letto il Mucchio fino all’abbandono di Stefani, pur non amandolo mai per i gruppi trattati, l’ho sempre apprezzato per la verve polemica. Il resto, che dirti? Il futuro è la rete. E non è così male.
S.R.: La situazione delle riviste metal è diversa?
F.C.: La situazione delle riviste metal è un po’ diversa perché il pubblico metallaro ama il supporto fisico, di qualsiasi cosa. Ecco perché nonostante la piattezza del formato e il fatto che per l’80 per cento Rock Hard sia fuffa ferma a vent’anni fa, è ancora viva. Interviste piatte e superficiali come quelle on line, recensioni in ritardo, news vecchie di secoli, magari già smentite in rete. Eppure c’è chi la compra.
S.R.: Mi chiedo come mai siamo nostalgici di riviste che, per una buona parte, erano poco originali e non proprio ben scritte? Bisogna dire che non tutti erano Beppe Riva o Luca Signorelli…
F.C.: Vero, però c’erano un sacco di bravi collaboratori capaci di trasmetterti la loro passione. C’era passione dietro e la sensazione che quelle penne soffrissero come noi per Load e Reload o Blaze nei Maiden. Inoltre se volevamo sapere qualcosa su una band, dove potevamo cercare? Internet non c’era.
S.R.: Ho citato due nomi storici, Riva e Signorelli. Ma tu quali firme preferisci o preferivi? Puoi farne un brevissimo ritratto?
F.C.: Quelle che ho approfondito: Riva per l’immaginazione nella recensione, la capacità evocativa. Signorelli per la sostanza intellettuale e la capacità di mostrare le connessioni culturali che il metal poteva generare. Pascoletti per la follia, l’istrionicità, unite a una pignoleria e una professionalità rare in questo ambiente. Mi piacevano (e piacciono) anche Ventriglia, Ariatti, Trombetti, Barone, Titti Angeramo, Maurizio De Paola, Emanuele Biani, Angelo Mora, Della Cioppa…troppi ce ne sono.
S.R.: Che cosa pensi invece dell’editoria musicale da libreria?
F.C.: Mi piace. Non tutto quello che esce mi entusiasma, però trovo una cosa positiva che finalmente in Italia ci siano libri di approfondimento su Maiden, Metallica, Sabs, Motorhead. Preferisco che siano testi tradotti, di giornalisti inglesi o americani. Un italiano che mi parla dei Venom ha poco senso. Meglio che gli Italiani provino a raccontare gli artisti Italiani. Io spero che prima o poi qualcuno curi un’edizione delle migliori cose scritte da Riva o da Signorelli ma queste sono mie fissazioni, non fateci caso.
S.R.: No, guarda che sono fissazioni anche mie...questi sono libri che non esistono ma DEVONO esistere!
Quali sono gli aneddoti più divertenti che hai scoperto studiando la storia di quelle sgangherate riviste (non tutte, alcune erano proprio belle!)?
F.C.: I più divertenti non ho potuto metterli per non incorrere in problemi legali. Diciamo però che di cose curiose e paradossali ce ne sono anche nel libro e alcune un po’ deprimenti. Per dire, Heavy Eva non esisteva, su HM. Tutti eravamo innamorati ma dietro alle risposte ai lettori da parte di lei c’era Barone.
S.R.: Dimmi un po’ dei tuoi gusti musicali dentro e fuori dal metal.
F.C.: Io amo il metal o tutto quello che l’ha influenzato. Dalla musica classica al pop. Però posso vivere senza Depeche Mode, persino Frank Zappa ma se mi levate i Maiden o i Dokken o i Carcass io mi suicido.
S.R.: Cosa pensi del metal in generale? Come mai ancora oggi non viene considerato né accettato dagli “appassionati di musica”? Sì, forse c’è più apertura che vent'anni fa ma la battaglia per l’eclettismo nei gusti musicali è ancora lunga e dura.
F.C.: Non mi interessa molto che il metal non sia accettato da chi di musica “se ne intende”. Il metal non è per tutti. Di sicuro oggi anche i sassi hanno capito che i metallari sono validi musicisti, però se amano Springsteen o Bob Dylan proprio non ce la fanno a sopravvivere a un intero disco degli Amon Amarth. Persino io che sono metallaro li reggo fino a un certo punto. Forse è l’esempio sbagliato.
S.R.: Il tu blog sdangher.it denota alcuni altri tuoi “interessi” molto peculiari, ce ne parli?
F.C.: I cavalli, i film porno “strani”, gli horror, la letteratura per ragazzi, la necrofilia, i serial killer, la letteratura erotica e i delfini stupratori. La filosofia di Sdangher è proprio quella di godersi la propria stranezza, coltivare ciò che ti potrebbe mettere in imbarazzo davanti a un estraneo o alla mamma e che però tu ami. Se ti piace vestire da donna e urlare alla finestra che il mondo dovrebbe portarti a cena fuori per quanto sei bello, benvenuto: sei dei nostri. Se necessiti di far sesso con un topo vivo e poi all’ospedale ne esci vivo per miracolo, sei dei nostri. Riguardo i cavalli sono nel mio destino. Sai che sono stato il custode del primo Museo del cavallo italiano? Per quasi un anno. Mio padre, grande appassionato di queste bestie meravigliose, mi ci portava che ancora non camminavo. Quando sento la puzza di sterco di un cavallo è come per Proust con i biscottini. Sai che la prima volta che ho capito come ci riproduciamo lo devo a due cavalli? Mia moglie si è lamentata quando le ho morso la testa prendendola da dietro ma io vengo da quella scuola. Viva il cavallo.
S.R.: Allora ti consiglio di leggere la biografia di Cabo Cavallo…Il tuo libro mi ha stupito e quindi spero che tu sia al lavoro su un nuovo, folle, progetto editoriale!
F.C.: Ne ho diversi ma non mi faccio illusioni. Marco della Crac è davvero una gran brava persona, un tipo serio. Nulla a che vedere con i lestofanti che all’indomani dal mio primo romanzo, nel 2008, mi mollarono e si trasformarono in una casa editrice a pagamento. Avevo anche venduto bene ma mi lasciarono a me stesso e nessun altro mi volle. Crac è entusiasta, seria, la sento vicina. Se avrò qualcosa di valido da pubblicare sarà con loro.
S.R.: Com’era il tuo romanzo? Vedo che ebbe ottime recensioni...
F.C.:Si intitola Silenzi Vietati ed è la storia di un giovanotto di provincia con il mio nome e cognome che racconta dei suoi problemi di impotenza a un ex professore di liceo gran scopatore. Il romanzo è composto di mail e tutto quello che si dice, le persone citate…tutto vero. I quotidiani, le riviste, l’hanno tutti accolto con interesse. La Stampa mi ha dedicato due pagine di Tuttolibri e Novella 2000 sei. Non sto scherzando.
S.R.: Beh, SEI PAGINE su Novella...ti invidio!
E siamo arrivati alla domanda finale! Ti piace l’Italia? Cosa pensi della nostra terra? Ti piace la nostra cucina?
F.C.: Mi piacciono le vostre donne. Avete un pubblico molto caldo. Adoro venire dalle vostre parti. Poi I Love Fontana de drevvi, piza, orechiete, Puccini e smorzacandele.
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