Ten Second After: Thao & The Get Down Stay Down, Iggy Pop, Motorpsycho, Grant Lee Phillips

di RSK

THAO & THE GET DOWN STAY DOWN: A MAN ALIVE

Thao Nguyen è un'artista californiana di origine vietnamita. Fino all'altro ieri totalmente presa dal folk e dal suo credo. Voce, sopraffina, e chitarra. Punto. Poi un giorno, come nelle migliori favole, l'incontro con i The Get Down Stay Down e il cambio, quasi radicale. Rimane la voce sopraffina ma appaiono anche gli alambicchi, le macchine. Oggigiorno si sa con l'elettronica si può fare quel che si vuole ed ecco che grazie all'apporto di Adam Thompson, Frank Stewart e Willis Thompson ne esce fuori un miscuglio inclassificabile e inconsueto degno del miglior Beck. Dal folk, all'hip hop passando per certo rock alternativo alla Breeders con una disinvoltura disarmante. Il disco scorre via così da una canzone all'altra, visto che alla fine sono le canzoni che contano. Dal ritmo sincopato sempre più incalzante di Astonished Man, al rock noise di Nobody Dies, un pezzo che trascina, passando per Guts di cui sarebbe orgogliosa Eddie Brickell, fino alla conclusiva Endless Love non ci si annoia un secondo e si arriva in fondo sempre più convinti che al giorno d'oggi non conti più il genere musicale o il mood ma solo l'ispirazione e la capacità di scrivere buona musica. In fondo è sempre stato così, non credete?
voto: 8,5




MOTORPSYCHO: HERE BE MONSTERS

Tra i miei ascolti ricorrenti non manca mai un disco di questo fondamentale gruppo norvegese, diciamo Trust Us giusto per pescare a caso nel mucchio, un gruppo che è in ballo ormai da quasi 30 anni, mica cazzi. Bent Sæther e soci infatti fanno il loro esordio nel 1989 con un crasto hard rock, sporco e solo apparentemente cattivo. Da li in poi 17 album ufficiali dopo, millesettecento ep dopo e qualche miliardo di collaborazioni extra li ritroviamo pacatamente inseriti nella loro nicchia musicale, con un discreto pubblico al seguito che in tutti questi anni ha sempre per lo più goduto di questa loro formula magica che parte da un chitarrismo sempre più virtuoso e meno rumoroso per transitare al rock psichedelico anni '70 e a una certa attitudine, sempre più presente negli ultimi anni, quelli della maturità, jazz. I Motorpsycho di Here Be Monsters, perciò non sono assolutamente niente di rivoluzionario ma consolidano la loro idea di musica, da bravi, bravissimi artigiani del virtuosismo chitarristico. Creano suites avvolgenti e cinematografiche, l'iniziale Sleepwalking si colloca a metà strada tra Santana e i Pink Floyd ma sempre e solo negli anni '70 e modellano la loro idea di canzone, dilatata, tesa all'infinito con un certo pacato fighettismo. Sono invecchiati? Si sono fossilizzati? Forse sì, ma non è un dramma, in fondo, come già detto, i dischi si giudicano in primis per la loro qualità e capacità di emozionare. Here Be Monsters perciò risulta un disco riuscito con alcuni interessanti picchi e alcuni momenti di stanca. Forse non è il modo ideale per conoscere questo, mi ripeto, fantastico gruppo norvegese ma vale la pena.
voto: 7


GRANT LEE PHILLIPS: THE NARROWS

Uno sente Grant Lee Buffalo e immediatamente pensa ad una stagione grandiosa e irripetibile della musica rock, quella dei '90, pensa al low-fi, pensa alla maniera con cui questo gruppo riusciva a reinterpretare il rock delle radici e affiancarsi a gruppi in voga in quell'epoca come i R.E.M., pensa alle liriche piene di senso, di significato, pensa a Mighty Joe Moon per esempio o Fuzzy, grandi successi...infine pensa all'oblio, al tramonto, alla fine di un'epoca. Balle! Quella musica in realtà, ancorché magistralmente rivisitata, veniva da molto più lontano, veniva dal folk, dalle radici e quelle liriche, quei testi così arguti venivano dalla penna del leader del gruppo Grant Lee Phillips. Come spesso succede in questi casi non ha mai smesso di scriverli. Certo le luci della ribalta improvvisamente si sono spente, per il gruppo nel 2001, ma il cantautore di Stockton (California) parallelamente ha dato vita ad una proficua carriera solista che oggi arriva all'ottavo album. The Narrows, fedele alla linea, ci riporta alla tradizione folk americana con un tocco personale, di artista e una voce che, con il tempo migliora. Ascoltando le note di Smoke And Sparks o di Rolling Pin immediatamente l'immaginazione vola a quei paesaggi desertici o montagnosi dove lo sguardo si perde all'orizzonte. Musica senza tempo.
voto: 7,5

 

IGGY POP: POST POP DEPRESSION
 
Ha fatto molto rumore questo nuovo disco del buon vecchio Iguana. Rumore probabilmente perché dopo tanti anni nessuno si aspettava, viste anche le ultime incolori prove, un exploit tale. Post Pop Depression infatti è un ottimo disco che irrompe nel mercato in un momento di commozione o isteria collettiva per la scomparsa di David Bowie, un momento in cui si vomitano fiumi di parole e di omaggi a un icona scomparsa e come al solito la musica passa ampiamente in secondo piano per far spazio a giullari e marchettari vari. E' un mondo difficile! Il buon vecchio Iggy Pop alla soglia dei 70, ne deve essere cosciente più di altri, per questa ragione, furbescamente decide di farsi aiutare da un altro volpone come Josh Homme uno che nel rock ci sguazza da quando aveva due anni. I due mettono insieme una compilation di canzoni che fanno immediatamente presa e richiamano la miglior tradizione del rock '70 e '80, quella dell'Iguana appunto: dal già menzionato Duca Bianco, ai Doors, alla no-wave, fino a certo folk oscuro. Un disco Pop più dal punto di vista del suo consumo che musicalmente parlando, un disco a presa rapida potremmo dire, che si brucia in fretta, ma molto molto piacevole, ovviamente. Ecco allora, qual è il miracolo, mi chiedo io? Perché uno come James Newell Osterberg Jr. non possa fare un gran disco di canzoni, con il vuoto che c'è in giro peraltro, non lo capisco?  Fossi in lui però m'incazzerei. Si perché Iggy Pop è uno di quelli che incarna (più ossa che carne, in realtà) la storia della musica e in particolare della musica rock. Cazzo Iggy è una rockstar! Non ce ne sono più tante in giro, ok, ma questo non significa che debba per forza limitarsi a fare la macchietta di sé stesso o andare ai Grammy a fare il pagliaccio travestito da David Bowie. Preferirebbe mille volte venire da noi in redazione a scodinzolare e abbaiare. A fare il cane, insomma!
voto al disco: 7
voto a Iggy Pop: 10

Nessun commento:

Posta un commento