Ten Second Without Seimani

La redazione di Musicanidi è spiacente di comunicare che l'usuale rubrica Musicanidi di Maurisio Seimani a cura di Maurisio Seimani questo mese non verrà pubblicata causa misteriosa trasferta dello stesso in terra d'Africa.
Sembra che il Seimani fosse assorto nell'ascolto di un vecchio disco di musica italiana quando all'improvviso si sarebbe alzato di soprassalto e spalancata la porta di casa si sarebbe messo a correre all'impazzata verso una meta sconosciuta.
Poche ore fa sarebbe stato avvistato, grondante di sudore, all'Aereoporto di Malpensa, mentre pretendeva d'essere immediatamente imbarcato su un volo per Johannesburg.
Ben contenti di liberarsi dell'ignobile invasato, funzionari del noto aereoporto l'avrebbero infine sbattuto nella stiva di un cargo diretto a Kinshasa, nella R.D. del Congo.
Nessun indizio è stato attualmente raccolto in merito allo strano comportamento di Maurisio. Qui la canzone che stava ascoltando nell'attimo prima di uscire apparentemente di senno e questi i responsabili della sua apparente follia.

Nel frattempo le trasmissioni di Musicanidi continueranno con una dose aggiuntiva di musica selezionata da RSK


Lydia Lunch & Cypress Groove

Spiegare in due righe chi sia Lydia Lunch è cosa alquanto complessa. Potremmo definirla come il lato oscuro della controcultura Made in Usa. Piombata dal nulla nella grande mela agli albori degli anni '70 si è imposta negli anni come artista maledetta e estrema. Considerata un guru dalla scena no-wave e noise newyorkese, negli anni viene venerata e adorata da personaggi come Thurstoon Moore, che con i Sonic Youth la invita nel 1985 a collaborare nella produzione noise-satanica (ma occhio all'ironia che è un marchio di fabbrica della gioventu' sonica) di Death Valley '69 e da altri come Nick Cave o Iggy Pop. Veramente infinite le collaborazioni di quest'artista, cantante e poetessa da meritare un approfondimento in altra sede. Urge ora sottolineare la bellezza di questa sua ultima produzione voluta da Cypress Groove alias Tony Chmelik che si attesta su canoni cari al blues. A Fistful of Desert Blues è un disco bellissimo fatto di ballade che sono graffianti cavalcate, a volte a ralenti, a volte soffocate che si dipanano sul tappeto sonoro messo insieme da Cypress Groove e perfezionate dalla voce della Lunch. Vengono in mente Leonard Cohen ma anche i Calexico di morriconiana memoria e certi pigli dei 16 Horsepower e del loro country rock blues biblico. Ma della Bibbia, Lydia Lunch, come sempre, racconta la parte oscura, malata, quella dove di solito appare il diavolo. Disco imperdibile.


Boris: Noise

La cosa piacevole di avere a disposizione quintali di musica come accade al giorno d'oggi è che ogni tanto saltano fuori sorprese inaspettate e per questo ancor più gradite. E' il caso di Boris un trio giapponese di cui fino ad oggi ignoravo l'esistenza, ebbene si. Male per me. Per fortuna alla fine dopo diciannove dischi i nostri cammini si sono incrociati. Il trio presenta un hard rock psichedelico che riporta agli anni '90 e si colloca a mezzo cammino tra i Motorpsycho di Trust Us e i Mogwai di fine secolo. Inoltre creano atmosfere, tra l'aspettativa e il disagio che fanno venire in mente i vecchi Slint, certi Muse meno showbiz e più cupi. Insomma una quantità di riferimenti alti e altissimi per un hard rock, che i succitati oggi si sognano o non vogliono più fare, a volte malinconico e rarefatto. Il disco è caratterizzato da una scaletta sempre di livello con un pezzo come Angel di quasi venti minuti che semplicemente rapisce. Grande scoperta.


 Clifford Brown: Brownie Speaks

Mastodontica e preziosa operazione della mitica Blue Note che pubblica un triplo cd contenente tutto, o almeno cosi' ci vogliono far credere, il materiale pubblicato per l'etichetta dal mitico Clifford Brown, per gli amici Brownie. Trombettista, maestro dell'improvvisazione del bebop e considerato uno dei padri putativi dell'hard bop, nonché sfortunatissimo artista portatoci via da un incidente d'auto a soli 25 anni. I pochissimi anni di carriera di questo musicista nero e statunitense sono stati sufficienti per renderlo un mito per molti trombettisti che a lui si sono ispirati e per collaborare con un sacco di artisti dell'epoca come ben si evince dalle note di copertina di questo triplo album dal sottotitolo The Complete Blue Note Recordings. 
Nomi come Art Blakey e il suo quintetto con il quale suona nel 1954 nel Live at Birdland Jazz Club o Lou Donaldson grande sassofonista (Carvin The Rock) per finire con J.J.Johnson e il suo trombone (Capri) accompagano o vengono accompagnati dalla tromba di Clifford Brown. Se vi piace il jazz un successo assicurato.


Bob Mould: Beauty & Ruin

Sulcis in fungo. Lasciatemi rendere omaggio a una vecchia volpe che non demorde e continua a sfornare buona musica. Forse la parola Husker Du non vi dice molto ma si da il caso che questo gruppo, tra i responsabili dell'alternative punk rock statunitense fosse capitanato proprio da Bob Mould che ben lungi dall'appendere la chitarra al chiodo si presenta con l'ennesimo disco solista. Beauty & Ruin non è un capolavoro ma è un disco che suona così moderno, così fresco, come si conviene all'alternative appunto, che molti giovani novati per assurdo se lo sognerebbero. Un disco a volte muscolare ben costruito sul binomio chitarra/batteria. Un disco che tra le altre cose ci fa capire da dove hanno attinto gruppi come Foo Fighters o Queens of The Stone Age solo per fare un paio di esempi.

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