di Fragoladibosco
….e Dio onnipotente, dammi un lavoro qualunque
e una linea della vita bella e illeggibile
….e Dio onnipotente, non mi proteggere da niente
…..non mi proteggere da niente
(“Padre Nostro Dei satelliti”)
….e Dio onnipotente, non mi proteggere da niente
…..non mi proteggere da niente
(“Padre Nostro Dei satelliti”)
Sembrava dovessero accendersi veramente tutte, ma proprio tutte, le luci della centrale elettrica per riuscire ad aprire un cielo grigio-nero, carico di pioggia, dal sapore amaramente brasiliano. E luce fu, tantissima luce, così carica di elettricità da regalare una pioggia di stelle e un vago senso di soddisfazione misto a incredulità.
Una tranquilla serata bresciana
diventava la scusa per andare a vedere Le Luci Della Centrale Elettrica in una
location fuori dalle normali rotte commerciali-musicali, a Rezzato, alla
cascina San Giacomo, gigantesco (più o meno come “La Gigantesca Scritta Coop”) cascinale
dei primi del novecento che ai quei tempi doveva apparire molto vivo e
frequentato da contadini, braccianti, allevatori, vecchi, donne e bambini. Il
26 giugno 2014 era frequentato da circa tre/quattrocento persone di età media
compresa tra i venti e i venticinque anni, più donne che uomini (si sa, i testi
astrusi e incomprensibili del Brondi sono estremamente adatti alle
complicazioni cerebrali femminili), sistemati in un’ampia aia dove un tempo
razzolavano ben altri animali. Un palco molto grande e ricco poteva subito far
nascere qualche dubbio sullo spettacolo che sarebbe andato in scena:
percussioni, drum-machine, una chitarra acustica, una chitarra elettrica, un
microfono naturalmente, un moog e altre fantasticherie elettroniche, un
complesso sistema di luci e un solitario violoncello messo lì in mezzo come un vecchio
divo di Hollywood circondato da aspiranti attori. E infatti…
Alle 9:45 si parte e il Vasco
sembra veramente carico, inaspettatamente energetico-vitaminico e ballerino.
Alterna in un’ora e mezza alcuni pezzi dell’ultimo album (“La Terra, L’Emilia,La Luna” – “Macbeth Nella Nebbia” – “Le Ragazze Stanno Bene” – “Ti Vendi Bene”
– “Blues Del Delta Del Po” – “40Km” – “Padre Nostro Dei Satelliti”), un paio di
covers d’alto rango (“Summer On A Solitary Beach”di Battiato ed “Emilia
Paranoica” dei CI-CI-CI-PI-CHE-NON-CI-SONO-PIU’, dei
CI-CI-CI-PI-CHE-NON-CI-SONO-PIU’), una selezione accurata dai primi due album
(“La Gigantesca Scritta Coop”, “Cara Catastrofe”, “Piromani”, “Quando Tornerai
Dall’Estero” e altro che non ricordo) e tre o quattro pezzi mai sentiti, forse
per mia ignoranza, forse perché materiale inedito come racconta Vasco sul palco.
Che dire? Khedira? Mi aspettavo
tutt’altro, mi aspettavo il solito Vasco Brondi solitario, preso male e me lo
sono ritrovato molto danzereccio ai ritmi (fin troppo pulsanti) della
drum-machine e del suo percussionista. Ho avuto il piacere di gustare molte sue
canzoni “deturpate” da un vestito fortemente rock-elettrico e rarissimamente
acustico. Quali ricordi mi porterò dietro? Forse le esplosioni sonore fragorose,
una birra media un po’ troppo cara, la sua inattesa attitudine pop, la
violoncellista da brividi quando si innalzava dal resto del gruppo (sarà lei la
più applaudita durante le presentazioni finali pre bis), le ragazzine (ma pure
brutti trentenni) che sciorinavano senza il minimo errore i versi contorti e
criptici della Centrale Elettrica, una violenta zaffata di merda che proveniva
dalla vicina stalla dove protestavano “sonoramente e materialmente” col loro
intestino i poveri manzi destinati al nostro intestino, un’ambulanza che, all’uscita,
insisteva a inseguirmi per investirmi per dare un senso alla sua serata (e una
fine alla mia). E Vasco Brondi? Mi ha sorpreso,
non melaspetavo (direbbe un emiliano doc) la sua carica vitale e la voce
assolutamente fuorigiri e al limite della stonatura non appena si staccava dal
suo parlato-urlato tradizionale. Tutto quel che mi ero immaginato ascoltando
l’ultimo album sembrava avverarsi: dopo due album fotocopia (“Canzoni Da
Spiaggia Deturpata” e “Per Ora Noi La Chiameremo Felicità”)
il Brondi pare alla ricerca di una nuova strada, diversa da quella che percorreva arrabbiato e preso male di inizio carriera. La sua gioventù è finalmente andata (e prega per la fine della mia gioventù, forse resterà per l’eternità su youtube…”), si è fatto uomo (oddio che paroloni), forse ha capito che è inutile urlare e sbraitare contro il mondo perché tanto, al mondo, di te non gliene frega un cazzo. La svolta pop, pop-rock sarà dietro l’angolo? Chissà…al prossimo album si vedrà se sarà pronto ad accogliere un seguito maggiore, di elevarsi “commercialmente” dalla miriade di cantanti-autori (non uso volutamente la parola “cantautori” perché sono una persona seria) che oggi popolano l’underground musicale nazionale.
da quella che percorreva arrabbiato e preso male di inizio carriera. La sua gioventù è finalmente andata.
il Brondi pare alla ricerca di una nuova strada, diversa da quella che percorreva arrabbiato e preso male di inizio carriera. La sua gioventù è finalmente andata (e prega per la fine della mia gioventù, forse resterà per l’eternità su youtube…”), si è fatto uomo (oddio che paroloni), forse ha capito che è inutile urlare e sbraitare contro il mondo perché tanto, al mondo, di te non gliene frega un cazzo. La svolta pop, pop-rock sarà dietro l’angolo? Chissà…al prossimo album si vedrà se sarà pronto ad accogliere un seguito maggiore, di elevarsi “commercialmente” dalla miriade di cantanti-autori (non uso volutamente la parola “cantautori” perché sono una persona seria) che oggi popolano l’underground musicale nazionale.
da quella che percorreva arrabbiato e preso male di inizio carriera. La sua gioventù è finalmente andata.
Io non sarò pronto a seguirlo. Mi
accontenterò di riascoltarlo e ricordarlo confuso, straniato, incazzato e
paranoico. Mi
accontenterò di quello che non piace a tanti, di quello che piace a me.
Io preferisco Khedira a Vasco Brondi.
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