“Costellazioni Tour”, Le Luci della Centrale Elettrica (Rezzato, Bs – 26 giugno 2014)

di Fragoladibosco
….e Dio onnipotente, dammi un lavoro qualunque
e una linea della vita bella e illeggibile
….e Dio onnipotente, non mi proteggere da niente
…..non mi proteggere da niente
(“Padre Nostro Dei satelliti”)




Sembrava dovessero accendersi veramente tutte, ma proprio tutte, le luci della centrale elettrica per riuscire ad aprire un cielo grigio-nero, carico di pioggia, dal sapore amaramente brasiliano. E luce fu, tantissima luce, così carica di elettricità da regalare una pioggia di stelle e un vago senso di soddisfazione misto a incredulità.
Una tranquilla serata bresciana diventava la scusa per andare a vedere Le Luci Della Centrale Elettrica in una location fuori dalle normali rotte commerciali-musicali, a Rezzato, alla cascina San Giacomo, gigantesco (più o meno come “La Gigantesca Scritta Coop”) cascinale dei primi del novecento che ai quei tempi doveva apparire molto vivo e frequentato da contadini, braccianti, allevatori, vecchi, donne e bambini. Il 26 giugno 2014 era frequentato da circa tre/quattrocento persone di età media compresa tra i venti e i venticinque anni, più donne che uomini (si sa, i testi astrusi e incomprensibili del Brondi sono estremamente adatti alle complicazioni cerebrali femminili), sistemati in un’ampia aia dove un tempo razzolavano ben altri animali. Un palco molto grande e ricco poteva subito far nascere qualche dubbio sullo spettacolo che sarebbe andato in scena: percussioni, drum-machine, una chitarra acustica, una chitarra elettrica, un microfono naturalmente, un moog e altre fantasticherie elettroniche, un complesso sistema di luci e un solitario violoncello messo lì in mezzo come un vecchio divo di Hollywood circondato da aspiranti attori. E infatti…
Alle 9:45 si parte e il Vasco sembra veramente carico, inaspettatamente energetico-vitaminico e ballerino. Alterna in un’ora e mezza alcuni pezzi dell’ultimo album (“La Terra, L’Emilia,La Luna” – “Macbeth Nella Nebbia” – “Le Ragazze Stanno Bene” – “Ti Vendi Bene” – “Blues Del Delta Del Po” – “40Km” – “Padre Nostro Dei Satelliti”), un paio di covers d’alto rango (“Summer On A Solitary Beach”di Battiato ed “Emilia Paranoica” dei CI-CI-CI-PI-CHE-NON-CI-SONO-PIU’, dei CI-CI-CI-PI-CHE-NON-CI-SONO-PIU’), una selezione accurata dai primi due album (“La Gigantesca Scritta Coop”, “Cara Catastrofe”, “Piromani”, “Quando Tornerai Dall’Estero” e altro che non ricordo) e tre o quattro pezzi mai sentiti, forse per mia ignoranza, forse perché materiale inedito come racconta Vasco sul palco.

Che dire? Khedira? Mi aspettavo tutt’altro, mi aspettavo il solito Vasco Brondi solitario, preso male e me lo sono ritrovato molto danzereccio ai ritmi (fin troppo pulsanti) della drum-machine e del suo percussionista. Ho avuto il piacere di gustare molte sue canzoni “deturpate” da un vestito fortemente rock-elettrico e rarissimamente acustico. Quali ricordi mi porterò dietro? Forse le esplosioni sonore fragorose, una birra media un po’ troppo cara, la sua inattesa attitudine pop, la violoncellista da brividi quando si innalzava dal resto del gruppo (sarà lei la più applaudita durante le presentazioni finali pre bis), le ragazzine (ma pure brutti trentenni) che sciorinavano senza il minimo errore i versi contorti e criptici della Centrale Elettrica, una violenta zaffata di merda che proveniva dalla vicina stalla dove protestavano “sonoramente e materialmente” col loro intestino i poveri manzi destinati al nostro intestino, un’ambulanza che, all’uscita, insisteva a inseguirmi per investirmi per dare un senso alla sua serata (e una fine alla mia). E Vasco Brondi? Mi ha sorpreso, non melaspetavo (direbbe un emiliano doc) la sua carica vitale e la voce assolutamente fuorigiri e al limite della stonatura non appena si staccava dal suo parlato-urlato tradizionale. Tutto quel che mi ero immaginato ascoltando l’ultimo album sembrava avverarsi: dopo due album fotocopia (“Canzoni Da Spiaggia Deturpata” e “Per Ora Noi La Chiameremo Felicità”)
il Brondi pare alla ricerca di una nuova strada, diversa da quella che percorreva arrabbiato e preso male di inizio carriera. La sua gioventù è finalmente andata (e prega per la fine della mia gioventù, forse resterà per l’eternità su youtube…”), si è fatto uomo (oddio che paroloni), forse ha capito che è inutile urlare e sbraitare contro il mondo perché tanto, al mondo, di te non gliene frega un cazzo. La svolta pop, pop-rock sarà dietro l’angolo? Chissà…al prossimo album si vedrà se sarà pronto ad accogliere un seguito maggiore, di elevarsi “commercialmente” dalla miriade di cantanti-autori (non uso volutamente la parola “cantautori” perché sono una persona seria) che oggi popolano l’underground musicale nazionale.
da quella che percorreva arrabbiato e preso male di inizio carriera. La sua gioventù è finalmente andata.

Io non sarò pronto a seguirlo. Mi accontenterò di riascoltarlo e ricordarlo confuso, straniato, incazzato e paranoico. Mi accontenterò di quello che non piace a tanti, di quello che piace a me.

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