* Musicanidi di Maurisio Seimani * Sun Kil Moon and the new revival: The War on Drugs, Quilt, Morgan Delt

a cura di...Maurisio Seimani

Sun Kil Moon - Benji

Ci sono ambiti in cui non sembra proprio il caso di farne una questione di genere. Esistono opere che sono oggettivamente qualche scalino sopra tutte le altre e per non farsele sfuggire, in un mondo musicale sempre più vasto e dispersivo, non è proprio conveniente starsene arroccati sui proprio gusti musicali. Non amate il progressive? Non fatevi comunque scappare l'ultimo di Steven Wilson. Non amate il pop più tradizionale? Non glissate sull'ultimo bellissimo disco di Eleanor Friedberger. Non vi piace la black music? Aloe Blacc, Frank Ocean, Black Joe Lewis, l'ultimo Bobby Womak, Cody Chestnut...qui potreste esservi persi parecchio.

Bene, che vi piaccia o meno la musica cantautorale a stelle e strisce, non mancate perciò di dare un ascolto a Benji dei Sun Kil Moon. Una voce calda, spesso accompagnata da una chitarra ancor più calda, ci accompagna in un lungo cammino attraverso la migliore tradizione della canzone d'autore americana, grazie a intelligentissimi arrangiamenti che non si limitano a percorrere gli usuali persorsi tracciati da Cash o Dylan, ma raccolgono suggestioni più attuali come quelle di Mellecamp e Springsteen, fino a giungere a Howe Gelb, Calexico, Bonnie Prince Billy e Jonathan Wilson. Grazie anche all'intensità delle esecuzioni ne esce uno dei dischi migliori che mi sia capitato d'ascoltare dall'inizio dell'anno, che introduce ufficialmente anche la compagine di Mark Kozelek nell'Olimpo dei grandi nomi citati sopra. Solo il futuro saprà dirci quanto saranno in grado di restarci. Intanto, facciamo girare Benji sul piatto e sollazziamoci le orecchie.
In una parola: sollazzo.
Giudizio: 4 palle.


Talking about the new revival: The War On Drugs - Lost in the Dream, Quilt - Held in splendor, Morgan Delt - Morgan Delt.

Messo al sicuro il primato di Sun Kil Moon per quel che concerne il miglior disco ascoltato questo mese, ho deciso di attribuire alle recensioni a seguire una veste un po' diversa dal solito, accorpandole in un unico testo, per fare in modo che diventassero spunto di rilessione e discussione in merito alla nuova immensa ondata di materiale revival che viene buttata di questi tempi nel grande mare del rock. Sia ben chiaro, i tre dischi citati nel titolo hanno davvero poco da spartirsi da un punto di vista prettamente musicale. Il nuovo dei The War On Drugs, come (anzi meglio) del suo buon predecessore Slave Ambient, continua a muoversi entro i confini di certo cantautorato soft-rock USA della seconda metà degli anni 80, con evidentissimi rimandi alle atmosfere del Boss di Tunnel of Love, a Neil Young, ai Suicide, a Tom Petty, al dark, ma anche agli ormai quasi mai citati Dire Straits....Il secondo disco dei Quilt si rifà invece magistralmente al rassicurante folk rock psichedelico dei 60/70 (Byrds, Mamas and Papas, Buffalo Springfiled, Jefferson Airplanes), mentre l'esordio di Morgan Delt è un'acidissimo viaggione che affonda a piene mani nel pentolone lisergico preparato tempo fa da Mr.Syd Barret e Grateful Dead.Tutti dischi ben confezionati e, perchè no, anche piacevoli (dei quali potrete ascoltare un pezzo da noi scelto cliccando sui relativi titoli riportati sopra).
Ma se ho deciso di accorparli in un unica recensione complessiva è per un motivo diverso e cioè perchè, secondo mio modestissimo parere, incarnano perfettamente l'approccio nuovo di certo new-revival che sta saturando il mercato discografico degli ultimi mesi, caratterizzato dal fatto che gli artisti che decidono di citare il passato, non hanno più alcuna preoccupazione di doverlo per forza di cose riattualizzare. Un tempo c'erano i Motorpsycho, i Grandaddy, gli Eels, oggi sulla stessa strada ci sono i Black Angels, i Pontiak, gli Arcade Fire e i Tame Impala: per tutti questi gruppi la linea da seguire è sempre stata ed è ancora: "prendi il passato e trasformalo, rendendolo qualcosa di nuovo per i tuoi tempi". Ma per tante altre band ora il fine è diverso: i tre dischi qui recensiti, per esempio, non hanno nulla a che vedere con la nostra epoca, e come tantissime altre uscite dei nostri giorni, si rifugiano totalmente e completamente nei mondi musicali da loro perfettamente ricreati. L'aspetto sconcertante è però notare come i non disprezzabili risultati conseguiti spesso da queste opere derivino proprio dall'alleggerirsi dalla preoccupazione di dovere per forza re-inventarsi qualcosa, limitandosi invece alla pura citazione. E' una caratteristica che si può avvertire per esempio anche nell'eccellente disco dei Temples, recensito poco tempo fa dal nostro Tommy ThecaT, ma anche in quello dei Woods, recensito l'anno scorso in questa stessa rubrica. Tanto revival dell'ultimo anno, insomma, arriva a sfornare prodotti appetibili proprio nel momento in cui rinuncia completamente a trasformare le proprie fonti in qualcosa di nuovo, a favore del pedissequo riscoprire. Ora, da un punto di vista qualitativo alcune opere sono appunto eccellenti, ma resta però una domanda di fondo: ha senso riproporre pari pari certi contesti musicali, se oggi i connessi contesti sociali non ci sono più? 
Hanno senso il viaggione di Morgan Delt, o il "Monterey Pop" dei Quilt, oggi che non ci sono più i capelloni, i funghi, i fiori, ecc...ecc...? Il problema sta nel lungo termine, perchè ho paura che questa musica che ora galleggia leggera nell'aria come chiusa in sbarluccicanti protettive bolle di vetro, potrebbe scoprire presto di trovarsi avvolta solo da contingenti bolle di sapone. Di cui molto presto, dunque, non resterà un bel niente.
In una parola: pedissequamente...
Giudizio per tutti: 2 palle e mezza.




I bocciati del mese:

Real Estate - Atlas (perfette popo songs in stile indie buone per tornare a casa la sera dal lavoro in un giorno con un bel tramonto e la tangenziale libera dal traffico, cioè quasi mai)
Lorelle meets the obsolete - Chambers (kraut-rock mischiato a shoegaze, ecc...ecc...basta!)
Metronomy - Love Letters (è incredibile come si possano confezionare così bene opere di sì rara inutilità)

Saluti a tutti i musicanidi,
Maurisio Seimani

13 commenti:

  1. è incredibile come si possano confezionare così bene post di sì rara inutilità

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    1. Beh allora strafracassati i coglioni ascoltandoti tutto il disco dei Metronomy così capisci meglio se erano sì inutili i suggerimenti del post, il disco dei Metronomy o il tuo commento.

      Maurisio Seimani

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    2. Stai zitto CRETINO
      (mi nascondo dietro all'anonimato ma se vuoi mi mostro con un calcio in pancia appena posso)

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    3. Ripeto: ascoltati il bellissimo disco dei Metronomy allora e vivi una vita felice.

      Maurisio Seimani

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  2. Il Dietologo Dietrologo31 marzo 2014 alle ore 11:13

    Il revival? Musica da mordere, da gustare, da digerire, da cagare (tutto rigorosamente nell'arco di una/due giornate, circa 2/3 ascolti)

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    1. Tutto nel rock è sempre stato revival, il problema di oggi è che è vero quanto scritto in questo post: oggi si copia e basta, come se fosse figo rifare una canzone esattamente come la si faceva nel 67.Bel periodo poi che si vanno a scegliere. Una delle epoche più inimitabili di tutta la storia del rock, doppiamente pirla.

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  3. Il 99,9% delle nuove uscite discografiche è merda, revival o no.

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  4. Per esempio: ma quanto fa cagare il disco dei LIARS, cambiate consiglio, vi prego! E soprattutto quanto fanno cagare i gruppi che come loro fanno musica buona da accompagnare a un cocktail in una disco di merda....

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    1. Chiarisciti

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    2. c'è poco da chiarire31 marzo 2014 alle ore 20:30

      il disco dei liars è musica di sottofondo, di contorno, di facciata...in pratica 2 palle...

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  5. Posso trovarmi d'accordo con il discorso in generale, ma Morgan Delt e The War on Drugs valgono più di 2 palle e mezzo non scherziamo. L'altro disco non l'ho mai sentito prima. (Una domanda: ma se questi sono da 2 palle e mezza i bocciati quanto prendono? Zero palle?)

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    1. De gustibus. Validi giornalisti di settore hanno dato a entrambi questi dischi voti sopra il 7, in effetti...per me 2 palle e mezza vuol dire un 6 scarso e non darei nulla di più. Ripeto: non si discute che sia musica prodotta molto bene. E' la scelta di campo che trovo un po' limitativa di principio. E i pezzi non mi sembrano così trascinanti. Citando ancora i Temples, almeno in quel caso le canzoni sono signore canzoni. (I dischi bocciati sono una palla).

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    2. SEIMANI PUZZI COME UN MUSICANIDE
      (anonimo convinto)

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