Musicanidi di Maurisio Seimani: Johnathan Wilson, Arcade Fire, Elyas Khan

a cura di...Maurisio Seimani

Jonathan Wilson - Fanfare


Circa due anni fa quando uscì Gentle Spirit, seconda opera di certo misconosciuto cantautore di nome Jonathan Wilson, mi decisi ad ascoltare quell'album con colpevole ritardo, non riuscendo perciò ad inserirlo in tempo nei tre dischi del mese regolarmente consigliati attraverso questa rubrica*. Potete dunque immaginare il mio rammarico, dal momento che ad oggi considero quello spirito gentile uno degli album più spettacolari usciti negli ultimi dieci anni. Difficilmente avrebbe dunque potuto mancare all'appello questa volta Fanfare, nuova uscita di questo formidabile musicista di Forest City (USA), che qui si conferma come una delle anime più ispirate della scena rock contemporanea. Il disco si muove esattamente sugli stessi scenari del precedente: ancora una volta da placide onde di tramontana care a certa psichedelia Old California (ma anche ai Pink Floyd dell'ultimo periodo) prendono forma sinuose ballate di rara bellezza, caleidoscopiche e cangianti, nelle quali melodie trasognanti si espongono a impetuose correnti jazz e progressive, che le sferzano verso spettacolari virate a mondi dimenticati e lontanissimi. Forse l'unica diversità, rispetto a Gentle Spirit, sta in una maggiore complessità, e quindi in una minore immediatezza dei pezzi proposti, che però rivelano con gli ascolti una forza estetica per nulla inferiore a quelli dell'opera citata. E comunque, poi, che senso hanno questi paragoni? Se anche Fanfare col passare degli ascolti non si rivelasse proprio all'altezza del predecessore che importerebbe? Gentle Spirit è uno degli ultimi grandi capolavori della musica che ci sia capitato d'ascoltare recentemente e in Fanfare per il momento tutto sembra suonare semplicemente a meraviglia. Riguardo al resto...sarà anche vero: nella ricerca di Jonathan Wilson c'è ben poco di innovativo, ancorata com'è, al contrario, alla riscoperta di antiche melodie ormai irrimediabilmente perdute nel tempo. Resta però aperta la sfida a cercare nel passato ballate di questo genere che possiedano la stessa grazia e la stessa brillante ispirazione e un nome nel panorama musicale contemporaneo che possa vantare uno spirito tanto gentile quanto ispirato. Sfida che resta oltremodo difficile.
In una parola: Spirito.
Giudizio: 4 palle.

(* il disco venne poi recensito comunque su Musicanidi per la rubrica Colpo di fulmine, recensione qui. )


Arcade Fire - Reflektor


Sarò sincero, non sono mai stato un grande fan degli Arcade Fire, ed anzi ho sempre trovato l'enorme attenzione suscitata da questa band canadese anche un pochino eccessiva. Non che non avessi mai riconosciuto ai nostri delle innegabili doti artistiche, un'indubbia onestà, e conseguentemente il dovuto rispetto, ma semplicemente non sono mai riuscito a considerare Blues Funeral e The Suburbs quegli assoluti capolavori rock, così acclamati da certa stampa specializzata. Album piacevoli , certo, con diverse canzoni sopra la media, ma nulla più. Mi trovo ora invece a recensire a caldo questo Reflektor, uscito solo pochi giorni fa, ed ecco che non posso fare altro che unirmi al coro di coloro che ne hanno già tessuto le lodi. Nelle mani dell'abilissimo co-produttore James Murphy gli Arcade Fire trovano la chiave giusta per dare alla loro musica un nuovo piglio fresco e accattivante, senza rinnegare nemmeno di una virgola le sonorità che li hanno resi celebri negli anni passati, dando vita ad un disco che probabilmente riuscirà ad imporli definitivamente fra i punti di riferimento della nuova musica rock di questi anni. La forza di Reflektor sta nel rimanere ancorato a riferimenti in verità molto tradizionali (Rolling Stones, Cure, qualcosa dello Springsteen di I'm on fire e finamai Lee Scrtach Perry nei suoi momenti più etnici) evitando però di concedersi a qualsiasi citazionismo e trasformandoli dunque in una proposta del tutto innovativa. Non amo recensire i dischi a così poca distanza dalla loro uscita, ma avendo fatto uno strappo alla regola, per il momento, mi godo la mia riconciliazione con questo gruppo fenomeno del momento e lascio che il tutto giri. Per il resto, staremo a vedere...
In due parole: Ok Reflektor
Giudizio: 4 palle

Elyas Khan - Brawl in paradise


E questo chi accidenti è? Se si cercano su internet notizie su Elyas Khan non si troverà granchè...anzi, non si troverà proprio un bel niente a parte un'incomprensibile biografia sul suo sito personale nella quale si parla genericamente di imprecisati "UK-Indian heritage" e "creative upbringing in NYC art and music" e di una band a lui connessa di nome Nervous Cabaret con base a Brooklyn. Si intuisce poi che Brawl in Paradise sarebbe stato registrato a Berlino col contributo del produttore britannico Matt Booker e che in passato il nostro avrebbe diviso il palco con una miriade di importati artisti quali: Sonic Youth, Animal Collective, Anthony and the Johnsons e altri ancora...vabbè, venendo al disco. Brawl in paradise è uno spasso. Se dovessi attribuire le palle a seconda di quante volte è girato sulla mia autoradio nell'ultimo mese direi che quest'opera vincerebbe su tutte le altre qui proposte a mani basse. L'album si muove sui terreni fertili del low-fi più creativo: prendete Beck ed aggiungetegli un piglio alla dancehall-style, incastonate tra le righe una ruvida chitarra rock pronta a sorprendere con inattesi riff a nervi tesi in qualsiasi momento e lasciate che un sapiente uso dell'elettronica pensi al resto. Servite infine  il tutto con una voce pronta a modularsi sui più disparati piani melodici et...voilà!
Tessuto con un incredibile gusto di partenza, che contribuisce a tenere alta la tensione dall'inizio alla fine uccidendo a suon di istrioniche trovate sonore ogni possibile caduta di tono, Brawl in paradise riesce così a unire puro divertimento a qualità, rivelandosi album da non lasciarsi assolutamente scappare. 
Come del resto i futuri passi di Elyas Kahn, a cui per il futuro speriamo venga data la giusta risonanza.
In tre parole: Fun! Fun! Fun!
Giudizio: 4 palle. PLAY!!!!

Greetings to all,

Maurisio Seimani.

8 commenti:

  1. Seimani, sei solo un fanfarone.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Magari...ocio che gli stai facendo quasi un complimento.

      Elimina
  2. Fanfare, album ricco mi ci ficco? Ma anche no, ragazzi.

    Intendiamoci: bello, lungo, eleborato, sovrastrutturato, imponente e a tratti stupefacente ma alla lunga preferisco "Gentle Spirit", molto più genuino e spontaneo.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. E' più o meno quanto ho scritto in fondo...molto molto meno immediato, ma comunque, secondo me, notevole (anche sì, dunque, come anche no? Soprattutto dopo diversi ascolti, quando si comincia a prendere confidenza con i pezzi)...Però sì...Bisogna un po' dimenticarsi di Gentle Spirit, perchè se si cerca il confronto si tenderà ad archiviare in fretta Fanfare, ma secondo me sarebbe un peccato. Gentle Spirit per me è un 10, difficilmente si poteva replicare una cosa del genere.

      Elimina
    2. Il mio favorito dei tre è senz'altro Elyas Khan

      Elimina
  3. I love Maurisio.
    I love MusiKHANidi.

    RispondiElimina