Musicanidi di Maurisio Seimani: Willy Mason, Dakota Suite, Yo la Tengo

a cura di...Maurisio Seimani

Willy Mason - Carry On




Ho visto il futuro del cantautorato americano ed il suo nome (forse) è Willy Mason! Stiamo ovviamente scherzando, divertendoci a parafrasare, tra il serio ed il faceto, il ben noto proclama che John Landau lanciò dalle pagine del Rolling Stones, nel 1974, dopo avere visto un intraprendente giovane del New Jersey esibirsi dal vivo ("Ho visto il futuro del rock'n'roll ed il suo nome è Bruce Springsteen").
Eppure v'è più d'un motivo per farsi trascinare dall'entusiasmo, dopo avere ascoltato l' ultimo disco del giovane songwriter Willy Mason, classe 1984, proveniente niente meno che da New York City.




Anzitutto la semplice bellezza delle canzoni: Carry On è nient'altro che un disco di bellissime, tradizionalissime, ballate (11 per la precisione), che trovando un perfetto equilibrio fra il Beck di Sea Change, i Pearl Jam di Immortality, lo Springsteen di Atlantic City (appunto), i Coldplay più ispirati degli inizi, gli irrinunciabili Dylan e Cash, starebbero perfettamente in piedi anche se fossero eseguite solo voce e chitarra.
Ma invece subentra anche l'importanza degli arrangiamenti che, per quanto minimalisti, riescono incredibilmente a svecchiare e rimodernizzare il concetto stesso di ballata folk, senza smuoverla neanche di un centimetro dai suoi aspetti più tradizionali.
Le ritmiche soprattutto. Ogni ballata si fonda su loops di batteria immancabilmente intriganti, che sostengono tutto il disco dall'inizio alla fine, divenendone anzi una componente distintiva, rispetto a tutti i celebri riferimenti citati sopra.
E dunque si scherzava quando sopra si scriveva che forse abbiamo visto il futuro del cantautorato americano...ma che Willy Mason si imponga con Carry On come uno dei più ispirati autori di ballate folk dei nostri tempi, questo sì, credo si possa scriverlo senza problemi.
In due parole: the future?
Giudizio: 4 palle.

Yo La Tengo - Fade


Mi riesce molto difficile essere obbiettivo, scrivendo dei Yo La Tengo. Il problema è che, per quanto mi riguarda, i nostri potrebbero anche ripetersi in eterno: apprezzo così tanto il loro mondo musicale che mi andrebbe benissimo anche così. E questo Fade, in effetti, poco aggiunge a quanto i nostri ci avevano già fatto assaggiare in passato, riproponendo quel caleidoscopico trasognante pop d'ispirazione sonica (leggasi: Sonic Youth), che ne ha sempre caratterizzato la vicenda musicale. Il punto in più rispetto alle opere immediatamente precedenti, però, sta proprio nell'ispirazione, perchè Fade, rispetto a Popular Songs o I'm not afraid of you... è semplicemente più bello ed intenso, accostandosi ulteriormente ai grandissimi I can hear the hearth beating as one, e And then nothing turned itself inside out. L'inquietante significato del termine che dà il titolo all'opera ci farebbe dunque temere imminenti scioglimenti, se la divertita scioltezza del tutto non ci conducesse a tutt'altro tipo di conclusioni. Gruppo dall'ormai quasi trentennale carriera, i Yo La Tengo sono ancora in forma smagliante, tanto che fra le note di Fade, della paura di dissolversi non resta che un vinto sbiadito fantasma.
In una parola: ispirato
Giudizio: 4 palle

Dakota Suite - An Almost silent life


Va bene. Chi scrive non conosceva a fondo i Dakota Suite. Meglio, chi scrive non li conosceva per nulla. Credo di essere in buona compagnia, ad ogni modo, e spero di non essere smentito da orde di fans inferociti dei Dakota Suite che mi rimproverino questa mancanza. Comunque sia, mi chiedo se non sia proprio questa lacuna ad avermi fatto apprezzare tanto An almost silent life. Intendo dire che non so se questo album sfiguri rispetto alle opere realizzate da questo gruppo negli anni passati. Quello che so è che ho trovato quest'opera d'un intensità unica quanto rara, che a tratti non è esagerato definire toccante. Ballate oscure, notturne, dilatate, che sembrano sgorgare da un buco nero nel suolo sotto il quale si cela un fiume di straordinaria solitudine e disperazione. Album non consigliato a tutti dunque, ma solo a chi voglia farsi portare via, per un lungo attimo, da queste correnti cristalline che lente scorrono verso un mare fatto di tristezza.
In una parola: profondità
Giudizio: 3 palle e mezza.

Saluti a tutti,

Maurisio Seimani.

13 commenti:

  1. Fanclub dei Dakota Suite31 gennaio 2013 alle ore 01:10

    I Dakota Suite sono un gruppo fantastico questo tuo intervento dimostra solo la vergogna di scribacchino che sei...luzzato fezig dei poveri...
    VERGOGNA
    SEIMANI IN GALERA

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  2. Di buco nero, c'è solo il tuo culo, SEIMANI.

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  3. Willy Mason l'ho conosciuto, non ricordo bene in quale maniera, nel lontano 2005 con l'album "Where The Humans Eat". Il ragazzino, allora appena ventenne, sfornava 12 perle una più bella dell'altra, sospese tra cantautorato e folk. Lo consiglio vivamente.

    A 'sto punto, brutto Seimani, m'incuriosisci col suo nuovo lavoro...a risentirci.

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  4. Seimani, maledetta piattola insolente, vuoi spiegare perchè la recensione dei Dakota Suite è entusiasta e a loro dai 3 stelle e mezza e agli altri 4????

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    1. Come fossero 4 allora. (PS: non sono stelle, sono palle).

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    2. Ma appena ti girano le palle, cambi i voti. Ma stiamo scherzando! Ne va della serietà della rubrica e di tutto il blog.
      SEIMANI, risistemati le palle, per favore.

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  5. Un mese di proposte alternative. Non è arrivata la paghetta dalle majors, SEIMANI ?

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    1. Sono solo le proposte alternative che alcuni mesi sono meglio di altri.

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    2. Sono solo gli insulti che ultimamente sono stati troppo pochi, ecco perchè alza la cresta.

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  6. Seimani contaballe: prometti prometti e alla fine non mantieni mai.
    Levati di torno una volta per sempre

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