Da Frisko a...



Thurston Moore
Demolished Toughts

a cura di Maurisio Seimani


Molto banalmente la classe non è acqua. Non c’è dunque molto da stupirsi se una vecchia pellaccia come Thurston Moore, già co-fondatore e componente di spicco dei Sonic Youth, sforna un disco di meravigliose ballate. Soprattutto se, nella sala comandi in veste di produttore, se ne sta appollaiato un eclettico genietto come Beck. Eppure, in realtà, raramente le avventure soliste di ottimi autori, seppur già componenti di primo piano di grandissimi gruppi, si rivelano esperienze ben riuscite. Spesso rimangono invece confinate al ruolo di prescindibili curiosità per appassionati. (Si ascolti l’ opera solista di Eddie Vedder, uscita anch’essa il mese scorso, Ukulele Songs). Demolished Thoughts è invece un disco che si muove con una grazia stupefacente, in punta di piedi, utilizzando elementi semplici: una voce appena sussurrata, chitarre rigorosamente acustiche, e un’ intelligentissimo uso degli archi a riempire il tutto. Sono canzoni che rimandano inevitabilmente alle ballate meno sperimentali e più acustiche dei Pink Floyd, a Nick Drake, allo stesso Beck di “Sea Change”… Lasciate allora che invece vi stupisca un disco solista come questo. Perché splende di una sfolgorante luce propria, da cui è difficile non restare abbagliati.
In una parola: classe.
Giudizio: 4 palle.


My Morning Jacket
Circuital
Per avere un’ idea di cosa sia questo disco non avete che da cliccare sul video della canzone qui sopra, che non a caso è quella che dà il titolo all’ album. Il suono di un sintetizzatore anticipa un riff di chitarra molto minimale, sul quale entra una voce che a tratti potrebbe ricordare certi gorgheggi alla Tom Yorke. Poi però entra uno sferragliarre di chitarre acustiche che sembrerebbe voler aprire la canzone verso qualcos’ altro. Invece no, si resta sugli stessi toni della prima strofa, finchè una seconda ulteriore sferragliata non la trasforma in una cavalcata sciolta, la voce cambia completamente tono, e la cavalcata ci conduce ad un epico assolo di chitarra che si muove su territori che potrebbero essere propri di Neil Young e Wilco. Si resta un po’ in quelle terre selvagge, finchè infine non si torna a quel minimale riff dell’ inizio e piano la canzone va a sfumare. In un pezzo del genere c’è tutto il senso di questo disco: multiforme quanto pensato, etereogeneo quanto equilibrato, nuovo quanto tradizionale. Un classico disco indie dei nostri tempi molto ben riuscito.
In una parola: circuital
Giudizio: 3 palle e mezza.

Moon Duo
Mazes
Questo disco è così “acidone” da suonare quasi comico nel suo volersi attaccare a tutti i costi a qualsiasi cliché proprio di certa psychedelia californiana…è tutto acido qui dentro: il suono della chitarra, l’effetto della voce, le tastiere alla Doors, i riff spianati e ripetuti all’ossesso… Tutto acidissimo… pure troppo. Tanto che, a tratti, suona quasi caricaturale e dunque, appunto anche un po’comico. Detto questo però, bisogna ammetterlo: quello che producono questi ragazzi riesce anche a suonare parecchio divertente. E dunque perché no? Quel giorno che vi saltasse in testa di ritirare fuori quella vecchia camicia dai colori lisergici che non indossate da un pezzo, ricordatevi di portarvi appresso anche questa roba.
In poche parole: buoni acidoni a tutti.
Giudizio: 3 palle.


Saluti alle orde di usuali estimatori,
Maurisio Seimani

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