The Plastic People of the Universe

di Johnny Clash

I Plastic People of the Universe (P.P.U.) erano un gruppo musicale. Ciò che più gli interessava fare era rock psichedelico d'avanguardia, spesso prepotentemente tendente al progressive. Questo e niente di più. Ed erano cecoslovacchi. E si formarono agli albori di un gelido autunno cecoslovacco del 1968. Va capito, però, quanto può essere gelido un autunno cecoslovacco. Più precisamente, va capito quanto può essere gelido un autunno cecoslovacco, se si sta parlando di un gelido autunno cecoslovacco dell' anno 1968 e tu sei un ragazzo di 17 anni che ama portare i capelli lunghi fino alle spalle ed ascoltare le canzoni di Frank Zappa.


Nel gennaio di quell' anno Alexander Dubcek era stato eletto segretario generale del PCC (Partito Comunista di Cecoslovacchia). Una svolta non indifferente, se si pensa che, convinto della necessità di abbandonare il tradizionale modello sovietico, negli anni immediatamente precedenti Dubcek aveva riunito intorno a sé un folto gruppo di politici e intellettuali riformatori, diventando il maggiore interprete di una linea anti-autoritaria – da lui stesso felicemente definita "socialismo dal volto umano" – tendente a introdurre elementi più moderni e liberali in tutti i settori della società cecoslovacca. Punto d’ arrivo, ed allo stesso tempo grande punto di avvio di questo rivoluzionario “nuovo corso”, la sua elezione divenne dunque l’ incipit di quella feconda stagione politica che, ancora oggi, viene ricordata in tutto il mondo come: "La Primavera di Praga”.
Ebbene, c’è però un motivo, però, per il quale ancora oggi si parla di “Primavera di Praga” e non del “Sessantotto di Praga”. Ed il motivo è che questa rivoluzione pacifica non arrivò a vedere la fine dell'anno. Benchè questo cosiddetto “nuovo corso” incontrasse il consenso della maggior parte della popolazione, e in nessun modo si proponesse come un’allontanamento dall' Unione Sovietica o di mettere in discussione il potere centrale di Mosca, nell' agosto di quello stesso anno, infatti, la Cecoslovacchia venne brutalmente invasa dalle truppe sovietiche.
(Tra parentesi: quanto sarà apparsa paradossale, ad un cecoslovacco, un’ irruzione di forze armate sovietiche sul proprio territorio?).

Ad ogni modo: la motivazione di questa irruzione fu che quelle riforme (ma meglio sarebbe dire: quelle semplici avvisaglie di riforme) furono avvertite dalla dirigenza sovietica come una grave minaccia all'egemonia dell'URSS sui paesi del blocco orientale, e, in ultima analisi, come una "minaccia alla sicurezza stessa dell'Unione" (sic!).
Ripreso perciò il controllo della Cecoslovacchia, ed espulso Dubcek dal PCC, Mosca pose in atto un processo che chiamò di Normalizzazione, durante il quale fece sprofondare in breve tempo il paese in uno dei periodi più bui ed oppressivi di tutta la propria storia.

Ed ecco che forse, a questo punto, si potrà ben capire quanto possa essere gelido un autunno cecoslovacco, soprattutto se quello di cui si sta parlando è un gelido autunno cecoslovacco dell' anno 1968 e ancor di più, se tu ormai  sei un ragazzo di 17 anni, capellone, ed invasato per la musica dei Velvet Underground e Frank Zappa.

I Plastic People of the Universe si formarono attorno alla figura di Milan "Mejla" Hlavsa (che poi è il 17enne di cui sopra), un giovane bassista reduce da una prima esperienza in un gruppo di nome The Primitive Group, e sotto la sapiente guida di Ivan Martin Jirous (nella foto accanto), critico di storia e cultura cecoslovacca, che fece conoscere al giovane il chitarrista Josef Kanicek ed il suonatore di viola Jiri Kabes. Ivan Martin Jirous, la cui fama da quel momento in poi risulterà indissolubilmente legata al suo ruolo di manager e direttore artistico dei P.P.U, coinvolse successivamente nel progetto anche il professor Paul Wilson, un canadese che si trovava a Praga come insegnante di inglese, il quale venne inizialmente ingaggiato come traduttore ufficiale della band (i PPU amavano infatti "studiare" i testi delle canzoni americani ed inglesi) e quindi come come trascrittore dei testi cechi della band in lingua inglese.
Per due anni Wilson si prestò anche come cantante ma fu poi proprio lui, nel momento in cui si separò dal gruppo, a incoraggiare gli altri a esprimersi per il futuro solo nella propria lingua. La sua partenza fu compensata dall' arrivo del carismatico sassofonista Vratislav Brabenec, dopo l' arrivo del quale la band seguì il consiglio di Wilson, cantando principalmente solo in lingua ceca, testi ispirati alle scritture del filosofo e poeta cecoslovacco Ebon Bondy, a quell' epoca scritture proibite dal regime. Non a caso, il primo vero album in studio della band, a cui i nostri arriveranno solo nel 1974, si intitolerà Egon Bondy's Happy Hearts Club Banned. Ebbene, l'opera dovette godere di un discreto successo, se è vero (com'è vero), che quello stesso anno migliaia di ragazzi partirono in pellegrinaggio da Praga verso il piccolo paese di Ceske Budejodevice, solo per assistere ad un’ esibizione della band.

Ciò che si vuole raccontare qui è dunque la storia di una Woodstock Cecoslovacca? No.
Fermàti lungo la strada dalla polizia del regime, che in quell’occasione arrestò peraltro anche numerosi studenti, i ragazzi furono costretti a battere in ritirata verso Praga. Costretti a muoversi solo nei circuiti pirata ed underground negli anni successivi, i Plastic People of the Universe resteranno invece un irrinunciabile oggetto di culto e riferimento per tutta la controcultura cecoslovacca durante tutti gli anni 70, soprattutto dal momento in cui, nel 1976, la STB, equivalente del KGB sovietico, arrestò quattro membri del gruppo dopo un concerto, per "turbativa dell' ordine pubblico".
E questa, per il regime, non si rivelò certo una grade trovata.

A questo punto va però spiegata una cosa. Il lato più assurdo di tutta questa faccenda è che i Plastic People of the Universe sostanzialmente non facevano canzoni di protesta. Né loro stessi si consideravano degli attivisti. Tutto ciò che volevano fare era suonare la loro musica, vestirsi e portare i capelli come gli pareva, e suonare quel rock psichedelico, d'avanguardia, spesso prepotentemente tendente al progressive, che loro amavano.
Punto.

Quaesta la ragione per cui il fatto che si arrivasse a prendersela con gente come loro convinse alcuni cecoslovacchi che il regime comunista stesse sul serio perdendo il senso delle proporzioni. Il 10 Dicembre 1976, dunque, cinque notissimi intellettuali del paese, il drammaturgo Vaclav Havel, il politico Jiri Haiek (ex ministro degli esteri sotto Dubcek), il giornalista Jiri Dienstbier, lo scrittore Pavel Kohout e l ‘ex diplomatico Zdenek Mlynar, rinunitisi per redigere una semplice protesta scritta per l’ arresto dei PPU, finirono invece per comporre un vero e proprio manifesto del dissenso, in cui si accusava il regime di violare i diritti dell’ uomo e di rinnegare nei fatti tutti i documenti che esso stesso aveva firmato: la Costituzione Cecoslovacca, gli accordi di Helsinki e le convenzioni dell’ ONU sui diritti umanitari.

Il documento venne successivamente fatto circolare, ottenendo da subito l’ adesione di numerosi esponenti dell’ intellettualità cecoslovacca. Alla fine dello stesso anno questo già contava 242 firme, apposte da rappresentati delle più diverse ideologie.
Al manifesto si diede il nome di “Charta 77”.
Si legge oggi su Wikipedia: “Charta 77 è stata la più importante iniziativa del dissenso in Cecoslovacchia”.
(nella foto, parte del documento con le relative le firme ndC)


Ne dovette scorrere, comunque, di acqua sotto i ponti, prima che il regime mollasse la presa, perchè questo cadde solo nel 1989. A quell’ epoca la Carta contava ormai 2000 firme, molte delle quali incredibilmente illustri (recava a sorpresa, fra le altre, anche la firma del Vescovo di Praga). Ne dovette scorrere d’ acqua sotto i ponti, ma non fu certo un caso se il già citato primo firmatario di quel manifesto, il drammaturgo Vaclav Havel (nella foto), divenne il primo presidente della Cecoslovacchia post regime. Non fu certo un caso, se si pensa a quanto potesse essere gelido quell’ autunno cecoslovacco del 1968 per un ragazzo di 17 anni invasato per la musica di Zappa e dei Velvet Underground. Nulla nasce per caso ed ecco perchè, quando si parla di cosa sia, nel dettaglio, la forza di una canzone, non ci si dovrebbe mai dimenticare dei Plastic People Of the Universe. Non foss'altro perchè Plastic People altro è anche il titolo di una canzone di Frank Zappa del 1967. Ed è qui dunque che il cerchio si chiude. E come sempre: in faccia a certi stronzi. Rocknroll!

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