Gillian Welch


The Harrow&The Harvest

a cura di Maurisio Seimani
Ci chiediamo: nella caterva di proposte musicali dalle quali si viene continuamente sommersi, pressoché quotidianamente (almeno da quando internet ha dato una potenziale visibilità a chiunque metta insieme due note), è ancora possibile farsi stupire da un disco country? Addirittura, ad oggi, il country sembra essere considerato un genere finito, desueto, tanto che catalogare un artista o una canzone come country finisce con l’essere inteso quasi come giudizio negativo. “Che genere fa?”, “Country”, “Ah…va bè…”. Intendiamoci: non che questo atteggiamento non trovi le sue giustificazioni, viste le numerose schifezze che si sono prodotte negli ultimi anni in nome di questo genere. Eppure, talvolta, arriva ancora “un disco che…”. Non un disco qualsiasi, insomma, ma quel genere di disco che in un solo colpo riesce a restituire al country tutta l’antica dignità perduta. E’ il caso, per esempio, di questo “The Harrow and The Harvest” un album di sfolgorante e grezza bellezza, attraversato dalle note suadenti di splendide chitarre acustiche e da una voce spigolosa, quanto affascinante e sensuale. Un’ opera che per certi versi si fa ascoltare come un bellissimo disco di musica etnica, nonostante appartenga a un genere nato in seno ad una potenza del mondo occidentale. E questo perché forse scava nel country fino ad arrivare alla sua vera essenza: quella cioè di una musica ruvida, che canta di gente dagli occhi fieri e malinconici, e che viene a noi da terre molto più lontane e selvagge di quanto normalmente siamo portati a credere.
In tre parole: Into The Wild.
Giudizio: 4 palle.
Wilco
The Whole Love

Tornando alla caterva di proposte musicali da cui si viene sommersi di questi tempi, è innegabile che gli Wilco siano riusciti comunque ad imporsi come uno dei punti di riferimento del rock alternativo dei nostri giorni. Cosa non facile, dunque, ma senz’altro giustificata dal talento di una band capace di creare ancora, in mezzo a tanto marasma, alcune canzoni indimenticabili. E’ il caso, per esempio, di Art of Almost, che apre quest’ album, canzone che si presenta in punta di piedi e che, in un continuo crescendo, ci trascina fino a un travolgente assolo finale che fa restare a bocca aperta. Sarò sincero, però: ciò che credo manchi oggi ai Wilco è la continuità. Almeno dai tempi del bellissimo “A ghost is born” (escluso, ovviamente). E così, anche in questo caso, come per il precedente “The album”, ciò che si può scrivere di “The Whole Love” è che senz’altro è un disco complessivamente piacevole, un l’album che appunto contiene almeno un pezzo indimenticabile, e che diverse canzoni contenute nello stesso sono anche molto più che semplicemente piacevoli. D’altro canto però, altri pezzi, a fronte del talento del gruppo, suonano invece un po’ banali. Non dunque un nuovo capolavoro, ma giusto un’altro buon lavoro della band di Chicago capitanata da Jeff Tweedy.
In due parole: Helter Skelter
Giudizio: 3 palle.


Giorgio Canali&Rossofuoco
Rojo


Se ci troviamo tutti d’ accordo che l’essenza primordiale del rock and roll era una miscela esplosiva di strafottenza, foga, innocenza, sventatezza, rabbia, ribellione, intransigenza ed eversione, non si può far altro che concludere che "Rojo" sia uno dei dischi piu rock and roll mai cantati in italiano e che Canali (già ex CCCP, CSI, PGR, produttore tra gli altri per Verdena e Bugo) sia uno degli artisti italiani più rock and roll di sempre. In realtà, musicalmente parlando, il disco è più indie-rock che rock and roll, ma è profondamente rock and roll nello spirito, se lo spirito di cui si sta parlando è quello che si può trovare anche in una “White Riot” dei Clash. E’ anche un disco punk, dunque? Forse, ma è molto ben suonato e quando i ritmi si fanno meno forsennati, Giorgio Canali ci regala anche delle lente ballate molto vissute e poetiche. Il mio pezzo preferito è “Morire di noia”, che su You Tube non si trova, come molti altri pezzi del disco purtroppo. Proponiamo dunque “Ci sarà”, il pezzo più pop dell’ album (il più “singolo”), probabilmente non il più bello, ma comunque trascinante. A chiudere invece, un verso da “Regola 1”, canzone che apre l’opera, e che ne sintetizza perfettamente l’ essenza: “Via a testa bassa, se non ora, quando?
In due parole: tifiamo rivolta!
Giudizio: 3 palle (e mezzo?)
Saluti ai musicanidi,
Maurisio Seimani

1 commento:

  1. Il disco di Gillian Welch è uno dei dischi più belli del decennio. Sono contento che qualcuno se ne sia accorto. Ripasserò da queste partia fine marzo per vedere che combinate.

    Un fan?

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