di Maurisio Seimani
Quella fra Guè Pequeno e Marracash era una collaborazione che nel mondo del rap s'attendeva ormai da anni. Non che i loro percorsi artistici non si fossero già incrociati diverse volte, ma è dovuto passare più d'un decennio, perchè l'intesa sfociasse in un vero e proprio album. Santeria, questo il titolo dell'opera, arriva infine nel momento migliore, non solo perchè Guè e Marra giungono ad esso dopo aver prodotto i lavori più maturi di tutta la loro carriera, rispettivamente gli LP Vero e Status, ma anche per il solido ruolo di riferimento e capistipite che ormai tutto il mondo dell'hip-hop nostrano incontestabilmente gli riconosce. Forte era anche il rischio che questo potesse rivelarsi a onor del vero una lama a doppio taglio, ma i due rappers sono riusciti a sfruttare un siffatto contesto con sobrietà ed intelligenza, buttandosi nel disco con nonchalance ed umiltà, qualità scaturenti proprio dalla mancata necessità di dover dimostrare per forza qualcosa a qualcuno o di dover controvoglia accettare (o lanciare) una qualche imprecisata sfida alla concorrenza.
Ne è risultato così un prodotto che, pur senza essere un capolavoro (cosa che peraltro probabilmente nemmeno voleva essere), si dispiega piacevolmente rivelando un carattere onesto e genuino, oltretutto perfettamente in linea con la stagione in cui viene pubblicato, grazie alle sue sonorità calde e latine. Non a caso infatti l'album è stato concepito fra Tenerife, il Brasile e Milano, aspetto che musicalmente è ben sottolineato dalle sue strumentali (nel complesso molto omogenee) che appunto conferiscono al quadro un tocco internazionale e quasi esotico. Al meglio della scena dei beatmaker nazionali (11 in tutto per 15 tracce totali) è d'altro canto affidata la produzione dei pezzi, che si dividono tra potenziali hit da classifica (Money, Nulla Accade, Insta Lova) e momenti meno orecchiabili, che però sono anche quelli dove Guè Pequeno e Marracash riescono a rivelare un piglio più confidenziale e stradaiolo (si ascoltino Cosa mia, Tony, Quasi Amici). Proprio questi ultimi pezzi fanno rivivere le contradizioni di un'epoca e di una periferia, quella milanese, profondamente conosciute dai due artisti in questione e delle quali Santeria diventa una sorta di piccolo monumento. Geniale, in tal senso, anche la sua promozione, affidata ad una caccia al tesoro per le vie di Milano lanciata sui social, che invitava i fans a recarsi in alcuni luoghi non convenzionali della città per ascoltare le sue canzoni in anteprima (tra questi anche alcuni pub delle zone periferiche ed anche uno strip-club).
Ribadiamo però: non si cerchi qui il meglio della produzione dei due artisti coinvolti, nè ci si approcci al disco con l'illusione che possa portare chissà quali rivoluzioni nel rap nazionale. Pur con tutti i pregi già elencati non sono infatti queste le finalità di quest'album, che anzi fa del non perdersi lungo certe insidiose vie una delle sue maggiori virtù. Detto questo, nel suo genere un prodotto di qualità, con un suo sound ben definito ed estivo sì, ma non fastidiosamente commerciale. Soprattutto: tenuto sempre in carreggiata da due personalità che sanno sempre fare rap come Dio comanda. Santeria!
Come padre sono disgustato questa scena è mia figlia
RispondiEliminaEd è di plastica e fa la zoccola come la figlia, fra', di Caniggia!
Ganci, Rocky
Grand Cherokee
T' inginocchi, fra', con Marra e Guèpek
Traslochi, fuck Rockit!
Bambolotti come Benji e Fedez!
Perchè ce l'hanno con Rockit???????
Eliminama non ce l'hanno davvero con Rockit, è hip-hop, "è solo un gioco ma in pochi lo capiscono". Rockit oltretutto questo disco l'ha recensito bene ed anzi nell'articolo hanno anche risposto divertiti "a proposito, grazie per lo splendido sfanculo".
EliminaBoh, il mio problema forse col rap non è neanche la musica è che di faccia mi stanno sempre sul cazzo tutti sti rappers
RispondiEliminaDopo 5 minuti mi sono addormentato...
RispondiEliminaBeh, poco male, il pezzo ne dura 4.29 ;-) !
RispondiEliminaSiffatto cosa?
RispondiEliminaLeggi sulle TrecCani
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