Moviecanidi: Standing Army

di TheDrillerKiller
« Nei concili di governo, dobbiamo guardarci le spalle contro l'acquisizione di influenze che non danno garanzie, sia palesi che occulte, esercitate dal complesso militare-industriale. Il potenziale per l'ascesa disastrosa di poteri che scavalcano la loro sede e le loro prerogative esiste ora e persisterà in futuro. Non dobbiamo mai permettere che il peso di questa combinazione di poteri metta in pericolo le nostre libertà o processi democratici. Non dobbiamo presumere che nessun diritto sia dato per garantito. Soltanto un popolo di cittadini allerta e consapevole può esercitare un adeguato compromesso tra l'enorme macchina industriale e militare di difesa ed i nostri metodi pacifici ed obiettivi a lungo termine in modo che sia la sicurezza che la libertà possano prosperare assieme.. »
 (Eisenhower, Discorso di addio alla nazione del presidente, 17 gennaio 1961)

Che cosa ci fanno 120 basi militari USA sul territorio italiano? Perché a distanza di oltre 70 anni dalla fine della guerra e circa 65 dagli accordi bilaterali militari il numero dei soldati americani presenti in Italia aumenta invece di diminuire? Non si tratta ovviamente di un caso isolato ma di una caratteristica delle forze armate americane che, anno dopo anno, continuano ad espandere il proprio controllo territoriale nei 5 continenti. A questi ed altri interessanti quesiti risponde Standing Army; ottimo e ben fatto documentario del 2010 di Enrico Parenti e Thomas Fazi che prova a spiegare con lucidità, semplicità e chiarezza perché nel mondo esistano più di 700 basi militari in 40 paesi dove sono stanziati circa 250.000 soldati americani. Molte di queste basi, in un consistente numero di paesi, non è attualmente coinvolto in alcun tipo di conflitto. E' sufficiente giustificare questa, a dir poco massiccia presenza, con le "minacce" che rappresentano i nemici dell'America, i terroristi o i paesi canaglia?

Con le testimonianze di, fra gli altri, Gore Vidal e Noam Chomsky si prova invece a ricondurre tutto al famoso "complesso militare-industriale e politico" vaticinato dall'allora presidente Eisenhower che al discorso d'addio metteva in guardia l'America sui pericoli dell'industria della guerra. Non teorie del complotto, non elucubrazioni ideologiche, ma fatti, certificati dalle prove che i due documentaristi-giornalisti vanno a cercare sul posto portando ad esempio le storie di quattro basi militari: oltre alla Dal Molin di Vicenza, si racconta così dell'occupazione dell'arcipelago di Okinawa, la patria del karate. Militarmente intervenuta fin dal 1946 e ad oggi protagonista di una presenza massiccia di forze USA, talmente malvista dalla popolazione locale da aver causato nel 2010 le dimissioni dell'allora primo ministro giapponese che aveva promesso una drastica riduzione della presenza militare USA senza peraltro poter mantenere la parola data. 
A Okinawa si parla anche dei Dugonghi, a rischio estinzione.

Oppure della semisconosciuta e paradossale, ma verissima, storia degli abitanti dell'atollo Diego Garcia, paradiso terrestre nell'Oceano Indiano a 1600 km a sud dell'India, governato, per così dire, dalla Gran Bretagna che nel 1966 concede agli Stati Uniti il permesso di costruire una base navale deportando letteralmente tutti gli isolani, ilois, circa 2000, che vivevano lì da prima ai quali l'US Navy distrugge sotto gli occhi tutte le case e i possedimenti e li imbarca con destinazione Mauritius. 

Infine la magnificenza della base militare più grande del mondo fuori dagli Stati Uniti, Camp Bondstell che si trova in Kosovo e la storia di uno strano progetto di gasdotto che passa giusto a pochi chilometri da lì. 
Davvero interessante e alla fine vien da pensare che forse, Eisnhower parlava con cognizione di causa e che evidentemente un paese nel quale ogni giorno il Dipartimento di Stato consuma una quantità di barili di petrolio superiore a quelli consumati dalla Svezia probabilmente deve cercare il modo di provvedere alle proprie esigenze anche e soprattutto fuori dai propri confini. 

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