The Wildcatter Corner

Quando si ricevono certe notizie ognuno reagisce a proprio modo. Certo, che Wildcatter abbia deciso di reagire scrivendo una lettera a Seimani desta sgomento ed orrore al contempo. Non pago di gettarci nella più completa confusione il nostro aggiunge oltretutto di aver posseduto una raccolta di David Bowie in musicassetta e di non averla inserita nemmeno una volta nel mangianastri. E Seimani in tutto questo dov'è? Cosa fa? E chi lo sa, potrebbe essere in Messico a tenere insieme le fila del Cartello in assenza di El Chapo per quel che ne sappiamo! E allora? Beh, a me non resta che pubblicare il tutto ed esortarvi di cuore ad abbandonare quanto prima questa gabbia di matti.
Saluti, 
Frank Pozzanghera

Me and Mr. Bowie

di The Wildcatter

11 gennaio 2016. Ognuno ha il proprio percorso musicale e saperlo ricostruire o ripercorrere rappresenta senz’altro uno dei sentieri più contorti e al tempo stesso affascinanti della propria esistenza. A volte capita di sfiorare appena alcune canzoni e poi abbandonarle, altre volte ci si fa rapire da una canzone e si esplora il più possibile il repertorio di chi l’ha composta, fino a spingersi a cercare “nei dintorni” di quella canzone: nell’album in cui è contenuta, tra le influenze che si possono rintracciare in qualche predecessore e tra gli altri rappresentanti della “scena musicale” a cui può far riferimento.  In ogni caso esistono artisti che dovrebbero essere imprescindibili, patrimonio comune di tutti gli appassionati di musica, a prescindere dalle proprie inclinazioni e predilezioni. 
David Bowie appartiene senz’altro a questa categoria. 

Oggi è stata data la notizia della sua morte e, come sempre in occasioni analoghe, nei social network appaiono fin troppo innumerevoli le persone che si sentono in dovere di comunicare al resto del mondo il proprio smarrimento di fronte alla scomparsa di un mito della nostra contemporaneità. Non mi avventuro in disquisizioni sulla sincerità di quei sentimenti, siano essi espressi sulla rete da personaggi famosi, dal loro ufficio stampa o da persone comuni. Non mi presto ad analisi sociologiche di come la sigla “RIP” sia entrata abitudinariamente nel nostro vocabolario. 
Qui parlo solo per me e, dunque, eccovi un’altra volta, senza particolari filtri, i miei pensieri. 

Quando muore un gigante della musica di cui non sono particolarmente appassionato, mi capita di provare un leggero imbarazzo che a volte sconfina in un senso di inadeguatezza. 
Com’è che non ho macinato ascolti dei suoi album? 
Perché non ho passato molto tempo a dilettarmi nella scoperta della sua discografia? 
Perché molto difficilmente lo citerei tra i 20 artisti che più mi hanno colpito e influenzato? 
Perché all’epoca ho considerato del tutto prescindibile l’occasione di sentirlo suonare dal vivo allo Stadio Rigamonti di Brescia e ho mancato con leggerezza quel concerto? 
E ora, oggi, 11 gennaio 2016, … perché sento comunque forte un senso di vuoto e di mancanza? Perché? 


Perché ho impiegato molto più tempo del necessario a elaborare il motivo per cui l’apertura di un notiziario di Radio 24 che ascolto in macchina mentre mi reco al lavoro era dedicata straordinariamente a far ascoltare quasi integralmente la canzone Heroes
Forse ora che ci ripenso, provavo le stesse sensazioni di smarrimento e di sincera empatia che, ho l’assurda presunzione di ritenere stessero alla base del tweet di St Vincent visto stamattina e che era composto solo da 2 lettere e da un punto esclamativo: NO!

Perché non riesco proprio a togliermi dalla testa piccoli pensieri su alcune piccole cose in cui la mia vita si è intrecciata con le canzoni di David Bowie? 
Mi rendo conto che la grandezza di un musicista risiede anche nella capacità di lasciare tracce indelebili nei ricordi di una persona. Segni che, probabilmente, sono rintracciabili e significative tanto più il musicista ha lasciato il proprio segno nella storia. La grandezza forse risiede davvero anche nel fatto che il distacco causato dalla morte porta in superficie queste tracce anche in chi pensava di aver ascoltato solo distrattamente le sue canzoni. Si intreccia quindi un doppio registro: la grandezza per aver composto grandi classici del rock e la grandezza di aver trasmesso qualcosa di significativo anche ad un singolo essere umano. La propria platea, il proprio mercato da una parte; l’esperienza individuale che la propria musica consente dall’altra. 

Ecco, io oggi continuo a lavorare tenendo sottotraccia alcuni pensieri legati a David Bowie. Un po’ mi stupisco, un po’ mi intristisco, un po’ mi faccio cullare dalle sensazioni che questi pensieri mi provocano e mi spingono a scrivere di getto queste righe. E così: 

Mi accorgo di ricordare perfino i dettagli fisici di quella compilation su musicassetta che per un periodo mia sorella ascoltava con grandissima frequenza e mi accorgo del potere ipnotico e immaginifico che esercitavano su di me canzoni come Starman, Heroes e Rebel Rebel. Eppure ricordo bene che mai di mia iniziativa devo aver messo nello stereo quella cassetta, nemmeno per uno dei miei innumerevoli ascolti in solitaria. 
Mi accorgo di ricordare in modo molto vivido le discussioni tra amici che moltissimi anni fa avevano iniziato ad esplorare il mondo del rock a partire dai Queen sulla canzone “Under Pressure” che vantava una prestigiosa collaborazione con un mostro sacro della musica. Bastava quella canzone a salvare un disco decisamente prescindibile di Freddie Mercury e compagni? Eppure legavo quel personaggio ad una scena che non mi affascinava e che difficilmente avrei deciso di approfondire. 
Mi accorgo di provare un sincero rammarico per aver ascoltato così poco il disco intitolato “Low”, universalmente considerato un capolavoro e che mi era stato regalato dai miei zii che ormai molti anni fa avevano la brillante consuetudine di regalarmi le pietre miliari del rock uscite nel 1977, ovvero nell’anno in cui sono nato. 
Mi accorgo infine di ricordare perfettamente quel viaggio sulla mia macchina, di ritorno da un concerto con una persona, in cui riconoscemmo in Life on Mars un significativo punto di contatto tra i contenuti dei rispettivi I-POD. Ascoltai tutta quella canzone con la forte sensazione che il tempo si stesse piacevolmente dilatando a dismisura, trattenendomi dall’unirmi al canto che trovavo decisamente ispirato dell’altra persona, come se fossi conscio che le mie inevitabili stonature avrebbero disintegrato la perfezione di quei momenti. 
E mi accorgo come non poche volte ho ripensato istintivamente e senza alcuna apparente ragione specifica a quel particolare ascolto di quella particolare canzone, che pure prima non consideravo altro che “molto bella e niente più”. 
Mi accorgo anche che quasi tutte le rare volte che la riascolto provo un forte mix di malinconia e imbarazzo nel ritrovarmi a pensare a cosa proverei a chiedere quanto quello appena raccontato sia un ricordo “condiviso” di quella sera. Eppure, pur incallito collezionista di dischi che mi hanno lasciato un segno, non possiedo il cd che contiene quella canzone. 

Ecco, per tutto questo, compresa l’ora che ho sottratto ai miei doveri per scrivere queste righe, io oggi, da vero non appassionato della musica di David Bowie, non esito un istante a riconoscere una sua speciale e straordinaria grandezza. Per quanto poco può valere questo mio commiato, mi sento quindi di chiudere così: Addio duca bianco. Non ti dimenticherò mai.

2 commenti:

  1. per me la grandezza di Bowie si vede anche nel fatto che nessuno si è azzardato a vedere come una bieca operazione commerciale il lancio del disco nuovo pochi giorni prima della morte.
    una dose di opportunismo da parte dell'industria c'è stata sicuramente, il mondo non è fatto di puri. il vuoto che ci lascia Bowie non lascia il tempo per indulgere in queste riflessioni.
    (a questo proposito, spero che questo commento si autodistrugga in breve tempo)

    RispondiElimina
  2. Secondo me il punto è che un'operazione simile l'ha probabilmente voluta anche Bowie, ma non per ragioni commerciali. Perchè è nella sua estetica, nella concezione di un'immagine pubblica che deve essere sempre incarnazione stessa dell'arte messa in campo. Un album con i contenuti di Blackstar, pubblicato il giorno prima di morire, è la splendida apoteosi finale di questa concezione della vita artistica.

    RispondiElimina