Endkadenz Vol.2: mi ami o no?

Questa volta sarebbe stato troppo anche per loro. Sarebbe stato troppo pubblicare tutto insieme un Endkadenz doppio, dopo il precedente fantastico Wow!. Sarebbe stato troppo perché questa seconda parte, così come la prima mostra segni evidenti di bulimia artistica. Pieno di spunti, di magie e magheggi, di suoni pieni, sovrastrutturati e rotondi, Endkadenz Vol.2 fa il paio con il Vol.1 per intensità e verrebbe da dire magniloquenza. È ironico quindi che il disco si apra con una canzone che si chiama Cannibale. I cannibali Verdena non si sono voluti risparmiare nel pollaio dal punto di vista creativo e tecnico per dare alla luce o meglio selezionare i brani che poi sarebbero finiti nei due capitoli del disco.

Proprio sulla selezione girano già in rete teorie bislacche e poco ragionate sul perché e sul per come questa o quella canzone siano finite nel primo o nel secondo volume. Valgono, a mio parere un paio di regole basiche: innanzitutto come già ripetuto fino alla nausea non si può ascoltare un disco dei Verdena e pretendere che faccia presa o si consumi in dieci ascolti. Bisogna concedersi il tempo di ascoltarlo e di fare in modo che si disveli; ancor più quando ci si trova di fronte a un disco così sfaccettato e, mi ripeto, strutturato. Detto questo può essere che il secondo rispetto al primo suoni un po' più rock e meno pop un po' più radiohead e meno battisti ma è comunque lo stesso disco e l'effetto sorpresa è ormai svanito. Per questa ragione Endkadenz Vol.2 non è una novità in senso assoluto ma è un grandissimo disco che, una volta entrato nell'universo "cadente" diventa quasi una malattia e fa dimenticare il primo. I confronti così diventano naturalmente improponibili...e rimane la musica.




Di Cannibale si può dire che il piglio, e il giro di basso-chitarra ricordino i Verdena di un tempo, ma poi entra immediatamente la voce riverberata che ci riporta ai giorni nostri. Dymo è una bellissima poesia, sospesa. Il punto chiave è dettato dalla batterie e dalle fruste, gran pezzo. Colle Immane, il singolo di lancio (qui sopra) sembra un mantra ossessivo, un po' oscuro e se non fosse che ormai è di moda dire che i testi dei Verdena non significano un cazzo avrebbe anche delle liriche interessanti; la ritmica e le chitarre pesanti si ripetono in altri pezzi che rasentano l'heavy metal, certe cose che piacevano ai primissimi Motorpsycho; mi riferisco a Caleido e alle fantastiche  Fuoco Amico I e Fuoco Amico II (pela i miei tratti). Ma si sa che il laboratorio Verdena di questi tempi non ama dare troppi punti di riferimento. L'eclettismo è la chiave di volta ed ecco che allora ci ritroviamo dei pezzi magnifici e inclassificabili come Blu Sincero che parte pop, avanza orchestrale e finisce in marcetta senza disdegnare esplosioni noise. Per non parlare di Identikit con il bongo di Luca a dettare i tempi e un sitar o che cazzo ne so + mille altre diavolerie di sottofondo; la chiusura richiama gli ultimi Radiohead, ed è un'altra meraviglia. Della parentesi stoner di Fuoco Amico si è già detto e quindi si prosegue con Nera Visione, bella ballata e Troppe Scuse, tra le mie preferite in assoluto: un tappeto sonoro incalzante, azzeccatissimo sulla quale si inseriscono effettoni e riverberi vocali, quasi gorgheggi, di Alberto a cominciare dal coro iniziale (oh oh) che sembra uscire direttamente da un inferno dantesco. "Con me hai vinto tu."
Con la mesta Natale con Ozzy, intermezzo strumentale, ci viene dato modo di riprenderci da tanta abbondanza. Siamo pronti per il trittico finale Lady Hollywood estremamente giocata sul falsetto alla Elio di Alberto, la su menzionata Caleido e la conclusiva Waltz Del Bounty, che suona molto come un arrivederci a fine concerto con le luci accese che abbagliano.


Chiunque apprezzi la buona musica non può non ammettere che i Verdena siano il meglio attualmente disponibile sulla piazza. Un ottovolante di emozioni, un caleidoscopio di suoni in libertà dal quale farsi rapire senza pregiudizi. Inoltre bisogna anche finirla di considerarli come gli eterni ragazzini dell'indie rock nostrano (con vent'anni di carriera alle spalle) ma una splendida e matura realtà che riesce in un'epoca parecchio oscura, diciamocelo pure, a dar sfoggio di creatività notevole. Che i loro testi non significhino nulla o poco, ma forse anche questa è una cosa destinata a cambiare, che la loro idea di musica non implichi un messaggio diretto non è certo una colpa. Piuttosto cominciamo a chiederci perché non ci sia nient'altro in giro. (RSK)

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