Tarrus Riley - Parables (2006)

di Sir Old John Pajama

Nell'agosto del 2007 tornai in Giamaica per la seconda volta. Durante il mio primo viaggio avevo girato l'isola in lungo e in largo, ma per tutta una serie di ragioni (non ultimo l'arrivo dell'uragano Dean) la mia seconda puntata consistette in 18 giorni di puro relax a Negril, nei fatti una delle spiaggie più belle e folkloristiche del mondo. Sono diversi anni che non torno laggiù e non so come sia ora, ma sapete la Giamaica è uno di quei posti in cui esiste ancora "la canzone dell'estate" (tradizione che forse qui da noi un po' s'è persa) cioè quel pezzo che durante la tua giornata ascolterai almeno venti volte nelle più disparate situazioni, ora trasmesso da una scalcagnata radio appoggiata su un davanzale, ora pompato a tutto volume da una autoradio, ora amplificato a volumi imbarazzanti da un enorme sound-system piazzato on the beach per l'ennesimo reggae-party.

Bene, tutto questo per arrivare a dire che quell'anno il pezzo dell'estate sull'isola era She's Royal di un tale Tarrus Riley. Una ballata reggae accattivante ai limiti dell'irresistibile, ma nella sostanza nulla di trascendentale. Mr. Riley riuscì però quell'anno nell'impresa non comune di imporsi anche con un altro singolo, trasmesso ovunque con una frequenza appena inferiore a quell'altro, dal titolo Beware e con una struttura che trovai immediatamente interessante. Un riff di fiati ed una tastiera in levare facevano da intro ad una composizione dalla ritmica zoppicante, nella quale gli strumenti si insinuavano con grandissima discrezione, passando attraverso uno fitto setaccio ogni nota prodotta. Di fatto la canzone non aveva un vero e proprio ritornello, nè una linea melodica definita o che si ripetesse lineare fra una strofa e l'altra. A sorprendermi fu però come da tutto questo non ne scaturisse del caos, ma un altro motivo assolutamente accattivante. Normale, dunque, che mi misi subito alla ricerca di qualche informazione in più sull'artista in questione per sondare l'eventualità che avesse anche prodotto un album (casistica non sempre scontata nel panorama discografico giamaicano, dove reggae-stars da classifica non sempre sono interessati alla forma del vecchio 33 giri).

Venendo perciò al dunque: Tarrus Riley è figlio d'arte. Nato a New York, nel Bronx, e ritornato presto sulla sua isola d'origine, è figlio di Jimmy Riley, noto artista reggae giamaicano degli anni 60. I due pezzi citati provengono da Parables, suo album d’esordio che oggi, a distanza di 8 anni, viene ancora considerato uno dei migliori prodotti di roots reggae contemporaneo. Convincente fin dalle sue prima battute l’opera si apre con l’esplosivo irresistibile consciousness reggae di System set (Willy Linch Syndrome), canzone che propone parallelismi interessanti tra la situazione attuale del popolo nero ed un documento molto particolare: il Willy Linch Speech del 1712. Willy Linch, piccolo proprietario terriero della Virginia, nell’ambito di un’assemblea fra soci di una banca avanzò la teoria secondo la quale il miglior modo di controllare gli schiavi neri era porli l’uno contro l’altro, portandoli e diffidare l’uno dell’altro per presunte ragioni d’origine, colore della pelle, rango. Il testo di questa sua argomentazione riemerse dalle polveri della storia nel 1970, ma cominciò ad avere grande risonanza presso la gente di colore negli anni 90, attraverso internet.

Il pezzo d’apertura dà dunque subito un’idea del tenore complessivo del disco, molto maturo nella scelta delle tematiche (che vanno dalla politica, appunto, alla famiglia, al rastafari, fino al pericoloso rapporto fra uomo, privacy, e nuove tecnologie), nelle composizioni complesse e splendidamente suonate, nell’uso intrigante di ritmica e controtempo. I fiati, infine, chiamati in causa con sapiente misura, rappresentano la perfetta ciliegina sulla torta di un’esordio già completamente convincente di suo.

Il giorno in cui vogliate approfondire quanto di buono si stia ancora muovendo nell’ambito del reggae contemporaneo, sicuramente Parables è uno dei migliori prodotti da cui possiate partire. Enjoy!

8 commenti:

  1. Il pezzo dell'estate quest'anno c'è stato anche in Italia ed è stato Maria Salvador di J Ax si può dire'

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    1. cansù de merda. il solito inno alla ganja di J Ax, ma perchè non se ne va in Colorado figa?

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    2. She's royal era la canzone dell'estate, non potevate parlarne prima di questa roba?

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    3. Il Duca Conte Ezio Faini26 luglio 2016 alle ore 11:37

      Anche quest'anno la canzone dell'estate è J Ax ma per fare ancora più schifo al cazzo ha voluto coinvolgere anche Fedez de figa.

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  2. In paradiso si stanno già cagando sotto tutti...

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  3. Bella fess la canzone di Caparezza qui in parte.

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  4. Attaccare spietatamente gli Scisma come state facendo non mi sembra la soluzione.

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