Colpo di fulmine: East India Youth - Culture of Volume (2015)

di TommyTheCat


E pure quest'anno son riuscito a trovare il MIO disco dell'estate 2015! 

Non chiedo mai molto ai "dischi dell'estate": tanta leggerezza e spensieratezza, un poco di pop al limite del passaggio radiofonico, una certa ballabilità (solo per il mio cervello perchè il resto del mio corpo è più statico delle tette di Pamela Anderson), una spruzzatona di suoni synthetici anni '80 e poco altro. Chiedo solo di poter tornare indietro nel tempo, a quelle calde estati anni '80, a quella musica electro-synth-pop che ha fatto muovere il culo a milioni di persone e che, a ondate cicliche, si ripropone rinnovata (ma anche no) nel panorama musicale odierno.


Dietro a questo fantomatico nome "EAST INDIA YOUTH", si nasconde il giovane inglese tuttofare (produttore, scrittore, bassista, tastierista) William Doyle al secondo disco dopo "Total Strife Forever" del 2014. "Culture Of Volume" è un grande album, multisfaccettato e multicolore: la voce molto semplice e pulita si sorregge a muri sintetici solenni e maestosi in "Carousel", i richiami ai Depeche Mode/Pet Shop Boys anni '80 sono chiari e evidenti nel meraviglioso trittico da alta classifica "End Result"-"Beaming White"-"Turn Away", i tre passaggi strumentali sono o stratificazioni di tastiere su tastiere (la fastidiosa e sporca "The Juddering") o mazzate elettro-industriali per baby-ravers ("Entirety") o movimenti dal sapore elettronico anni '70 in salsa orientale ("Montage Resolution"). Non mancano i pezzoni plasticoni sdolcinati (la prescindibile "Don't Look Backwards"), la techno da dancefloor "Hearts That Never" e il plagio spudorato ai Depeche nell'epica "Manner Of Words" (manca solo la voce di David "Dave" Gahan per entrare a pieno titolo nei dieci migliori pezzi dei DM anni ottanta e oltre). 

Album urticante per tutti i detrattori del synth-pop, superbamente arrangiato, sinfonico e grandioso a tratti ("Carousel"), elegante e spiazzante, melodico e semplice nelle tracce più smaccatamente pop. "Culture Of Volume" è la chiara dimostrazione che bastano le idee e l'intelligenza musicale per far rinascere o rivalutare certe sonorità oramai vecchie e sorpassate. Basterà forse esser nato negli anni '70 per poter apprezzare questo tuffo nelle acque mai così fresche del passato. Basterà l'amore per una singola nota di chitarra per odiare "Culture Of Volume". 

Album da odiare o da amare ma, almeno, da ascoltare.


Tracklist 
1. The Juddering 
2. End Result 
3. Beaming White 
4. Turn Away 
5. Hearts That Never 
6. Entirety 
7. Carousel 
8. Don’t Look Backwards 
9. Manner of Words 
10. Montage Resolution

2 commenti:

  1. Ma quante canzoni ha scritto Mogol?

    RispondiElimina
  2. Piero Focaccia piatto del mese.
    Per Agosto vi consiglio Mango.

    RispondiElimina