This is The Second After: Lower Dens, The Sonics, Godspeed You! Black Emperor, Ryley Walker

di RSK

LOWER DENS: ESCAPE FROM EVIL


Che cosa covano i Lower Dens? Una Grande Sorpresa! Seguendo i consueti cliché che vogliono la musica indie di questi ultimi 15 anni in preda a un'ondata revivalista quasi morbosa potremmo frettolosamente definire il terzo disco di questa band di Baltimora, formatasi nel 2010, come un chiaro riferimento e omaggio alla new wave britannica degli '80 appena un gradino sotto alla new wave commercialona che tanto imperversava per le radio del continente in quel periodo tanto per intenderci, se non ci credete guardatevi il singolone To Die in L.A.. Faremmo un grande torto a un disco che merita assolutamente un approfondimento e che in realtà va oltre il revival, come dire un post-revival che reinterpretando un'epoca sicuramente di riferimento per i giovani componenti del gruppo crea un coacervo di musica d'autore, psichedelia e rock melodico raccolto sotto l'egida dell'indie appunto. Un disco che cresce alla distanza e con gli ascolti e nel quale si osserva un'evoluzione che partendo dall'easy listening arriva a esplorare i territori "oscuri e profondi" della psichedelia moderna.

RYLEY WALKER: PRIMROSE GREEN


Dopo aver ascoltato più volte questo disco è necessario premettere e chiarire un concetto: Primrose Green è una bomba. Voglio dire, è un gran disco, piacevolissimo, ben fatto a cominciare dalla fantastica foto vintage della copertina, con niente fuori posto. Perfetto. 
Per assurdo proprio questi complimenti denotano al tempo stesso il grande pregio e il grande difetto della seconda fatica del giovane songwriter di chicago Ryley Walker. Mi spiego meglio, ascoltare questo disco è per certi versi come trovarsi nella piana di Solferino il giorno della ricorrenza della arcinota battaglia quando un numero considerevole di volenterosi ricostruiscono fedelmente fino all'ultimo dettaglio la carneficina del 1859, con costumi d'epoca, armi d'epoca, accenti d'epoca, insulti d'epoca, sangue e lacrime d'epoca. Bello spettacolo, sicuramente d'effetto, ma a chi giova? 
Eccoci dunque trasognanti ascoltando la reincarnazione di Jeff Buckley accompagnato dai delicati ma acidissimi accordi di una chitarra, siamo certi, imbracciata dal fantasma di San Jerry Garcia il tutto condito all'occorrenza da una pianola hammond che non sarebbe dispiaciuta al caro Ray Manzarek. Ecco il punto, troppi fantasmi o meglio troppe icone, troppi oggetti di fedele devozione a tratti imbarazzante che ci fa dire...perché? Caro Ryley quegli uomini che tu giustamente adori e idolatri hanno "inventato" la loro musica, hanno esplorato universi fino ad allora inesplorati, hanno rappresentato e fatto la storia, si, ma del secolo scorso, caro Ryley tu dovresti provare a fare lo stesso nel tuo di secolo! o no?

GODSPEED YOU! BLACK EMPEROR:

ASUNDER SWEET AND OTHER DISTRESS


Dal Canada con furore. Per buona parte degli anni '90 e '00 il paese nordamericano ha rappresentato un vero e proprio avamposto del rock e di tutti i generi o sottogeneri derivati in particolare legati alla sperimentazione o all'indie in generale. Sicuramente i Godspeed You! Black Emperor sono stati tra i sommi rappresentanti di questa ondata Canucks. La loro musica caratterizzata da lunghe suites psichedeliche e rumoriste immolate al culto della distorsione e dell'incomunicabilità hanno fatto gridare in più di un'occasione al miracolo. Per intenderci sarebbe sufficiente leggere i titoli a volte incomprensibili e mitologici tipo f♯a♯∞ disco d'esordio del 1997, per non parlare dell'arcinota diatriba sul punto esclamativo spostato nel nome del gruppo centoventitre volte. Mastini del post rock in salsa noise hanno sfornato opere destinate a rimanere nella storia ma i tempi sono cambiati e gli anni passano anche per loro e così eccoci alla prova numero 7 in poco più di 20 anni di carriera. Prova ahinoi incolore, perché? Perchè il rumore sembra essersi perso nell'ambient(e), mannaggia la miseria, ma soprattutto perchè la scintilla o meglio il bandolo della matassa non si trova piu in questi 4 pezzi di durata media di 10 minuti. Alla fine i 40 minuti totali risultano incolori e insapori fors'anche noiosi, la peggiore delle bestemmie possibili nel tempio della musica che conta.

THE SONICS: THIS IS THE SONICS

Non so, ditemelo voi. Che cosa vorrà dire se nel 2015 un disco come questo vale ancora la pena di essere ascoltato e riascoltato? Se apparentemente risulta essere il disco rock del mese? Se a comporlo e pubblicarlo sono un gruppo di baldi vecchietti che si sono conosciuti nel 1960 e hanno praticamente creato dal niente la scena rock di Seattle? (avete presente Seattle?). Se dopo aver avuto grande successo per quasi un decennio, quello giusto si sono sciolti e poi riuniti per un altro paio di volte tra gli anni '80 e '00? Non so, non capisco ditemelo voi! Questo disco è del 2015, giuro, e suona come se sulla loro via di fuga i Blues Brothers avessero incontrato gli Who. Incazzato e selvaggio al punto giusto mescola garage, rockabilly e un pizzico di attitudine hard rock che alla fine risulta easy ma piacevolissima. Importa se praticamente tutte le canzoni sembrano già sentite da altre parti e in altri tempi? Se This Is The Sonics sembra un Best Of di altri mille gruppi usciti dagli anni '60 e '70? Non so ditemelo voi! Per la corretta fruizione dell'opera si raccomanda di alzare a palla il volume.

7 commenti:

  1. Giudizi taglienti e affilati. Mi piace.

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  2. https://www.youtube.com/watch?v=oJ3oWHx6y-I

    The Sonics con Eddie Vedder per il Record Store Day

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  3. Mi stanno già molto simpatici questi Sonics...

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    1. Ma il nome Sonic Youth centra qualcosa con i The Sonics?

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    2. No non c'entra. Il nome Sonic Youth deriva dall'unione del nome di Fred "Sonic" Smith degli MC5 e marito di Patti Smith con quello di Big Youth musicista reggae.

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  4. Ma non è già legale la ganja in Giamaica?

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    1. Perdono, è tutta colpa di Joe Vanardi, a me piace l'erba, chiedo perdono

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