Musicanidi di Maurisio Seimani: Taylor McFerrin, Lee Scratch Perry, Aaron Freeman

a cura di...Maurisio Seimani

Taylor McFerrin - Early Riser

Ci sono album riguardo ai quali non si dovrebbe scrivere nulla. Si dovrebbe solo invitare il lettore a tuffarsi nel loro ascolto ed a nuotare, in apnea, nelle soavi onde sonore generate dagli stessi. E' questo uno di quei casi. Siamo di fronte cioè ad uno di quei dischi riguardo ai quali esprimersi per metafore vale più che tirare in ballo generi o correnti. Potremmo segnalare così che elettronica, prog-soul e dream-jazz sono le tre etichette fondamentali che si potrebbero insolentemente appiccicare all'opera in questione, o che il riferimento più immediato per quanto viene qui proposto sono sicuramente i Flying Lotus...ma definire Early Riser è scrivere altro. E' insistere soprattutto sul suo aspetto liquido, trasognante, impalpabile, caldo e multicromatico. E' cercare la sua vera origine nel volteggiare leggeri lungo la variopinta barriera corallina di qualche isola caraibica. Sia chiaro, non sono qui a scommettere che questo disco vi piacerà per certo. Sono solo qui a scrivere che questo è quanto vi ci si può trovare dentro. Che a conti fatti è anche la ragione per la quale di certi album non si dovrebbe scrivere nulla. Perchè: ben venga la lettura, ma nuotare fra certe onde sonore è un'altra cosa, no? E allora perchè perdere tempo? (Maurisio Seimani)
In una parola: liquido
Giudizio: 4 palle.



Lee Scratch Perry - Back on the controls

Chi segue questo blog sa che il vecchio Lee Scratch Perry è da sempre uno dei suoi idoli più amati e citati e, in particolar modo, per il sottoscritto e dal sottoscritto. Avere l'opportunità di vederlo dal vivo solo pochi mesi fa, nella nostra città, alla Latteria Artigianale Molloy, grazie ai ragazzi del Musical Zoo, è stata un'esperienza per me indimenticabile. Ma sia ben chiaro. Non mi trovo qui ora a inserire questo disco fra le nostre scelte del mese solo per puro senso nostalgico. La verità è che a 78 anni suonati, l'antica leggenda della musica giamaicana, ma più in generale l'uomo che ha posto le basi e rivoluzionato per sempre la storia del reggae e del dub in senso lato, ha deciso di sfoderare un'altra volta gli artigli, consegnandoci un'album che, distaccandosi dalle opere della sua produzione più recente,  torna a stuzzicare certe sinapsi  che solo Scratch è sempre stato capace di attivare attraverso il ritmo in levare. Questo grazie alla collaborazione del produttore Daniel Boyle, che non solo ha voluto fortemente questo disco, ma s'è pure preoccupato di ricreare e di rimettere a disposizione di Perry mezzi ed apparecchiature simili a quelle di cui il nostro poteva disporre nella sua mitica Black Ark, data alle fiamme dallo stesso Perry nel lontano 1979.
Back on the controls diventa così vero oggetto di culto e di indiscutibile valore per chiunque ami il dub ed il reggae, ma forse non solo, straordinario colpo di coda di un vecchio dinosauro che dimostra ancora d'avere una proprietà dei "controlli" capace di fare invidia a tante giovani leve del reggae contemporaneo. Ben 24 tracce, in realtà 12 pezzi in totale, dei quali però viene proposto sistematicamente anche l'oscuro fantasma trance-dub, antichi spiriti dalle movenze africane con i quali Lee danza in tutto il suo splendore. Certo, in fin dei conti a dirla davvero tutta un po' di nostalgia c'è. Perchè questo è anche un po' il ritorno del suono della super ape che torna a ruggire e a strappare alberi in giro per il mondo. Ma ad ogni modo gaudemus igitur maledizione! My my hey hey, Lee Scratch Perry is here to stay!
(Sir Old John Pajama)
In tre parole: io sono leggenda
Giudizio: 3 palle e mezza




Aaron Freeman - Free.man

Chi se li ricordava gli Ween? Gruppo originario della Pennsylvania ( che tra parentesi non ho idea di che posto sia) con una certa fama negli anni '90. Gruppo strambo, che non disdegnava giocare con il pop mentre chiaramente paventava radici di rock sperimentale. Ricordo un paio di dischi veramente buoni (Pure Guava, Chocolate & Cheese) e un concerto dal vivo a Bologna sorprendente, già negli anni '00, anni meno prolifici per i nostri. Scopro ora che il gruppo non esiste più ma che Gene Ween al secolo Aaron Freeman ha continuato con una discreta carriera solista. Free.Man dunque è il suo secondo disco e per certi versi è davvero sorprendente. Sorprendente perché pur rimanendo lontani dalle sonorità a volte bizzarre e estreme del gruppo, siamo di fronte a un disco eclettico. Calmo, gioioso, rilassato quasi giocoso ma pur sempre eclettico. Ecco che allora ci sorprenderemmo a scoprire nelle pieghe delle primissime tracce il fantasma del mai dimenticato Elliott Smith per poi virare verso un rock più classico, root che ci riporta agli anni '80 prima, ma anche alla sperimentazione del guru Zappa passando per degli Who edulcorati, per non parlare degli omaggi seminati qua e la ai Fab Four. Un disco impeccabile!
(The Driller Killer)
In cinque parole: io sono un uomo libero
Giudizio: 3 palle e mezza

7 commenti:

  1. Seimani sei un drogato!31 luglio 2014 alle ore 11:28

    !E' cercare la sua vera origine nel volteggiare leggeri lungo la variopinta barriera corallina di qualche isola caraibica"?

    Scusate anzichè perderci in ciance ci volete dare il numero del pusher di quello stupido di Seimani? Grazie.

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    1. Io sonno uno che conosce Seimani31 luglio 2014 alle ore 11:52

      Non è questo il punto...è che è caduto nell'LSD da piccolo lo stronzo.

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  2. Ora e sempre: GRAZIE MAESTRO!

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  3. Pennsylvania - Transilvania 4-331 luglio 2014 alle ore 11:41

    Il signor Driller Killer dovrà rispondere delle sue male parole nei confronti del grande Stato della Pennsylvania!

    Liberate i droni!

    Il sindaco di Harrisburg (Capitale del nobile Stato della Pennsylvania, già The Keystone State)

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