Il Jazz di Heinrich Boll - Musica e Parole

Vesti la giubba e la faccia infarina 
La gente paga e rider vuole qua. 
E se Arlecchin t’invola Colombina, 
Ridi Pagliaccio, e ognun applaudirà! 
Tramuta in lazzi lo spasmo e il pianto; 
 In una smorfia il singhiozzo e il dolore... 
 Ridi Pagliaccio, sul tuo amore infranto! 
 Ridi del duol che t’avvelena il cor! 
(Ruggero Leoncavallo, Pagliacci, 1892) 

di ThommyThecaT

Bonn, anni ‘50 Hans Schnier è un clown. Ci ritroviamo all’interno del suo appartamento dove si svolge l’intera vicenda. Nelle circa duecento pagine di Opinion di un clown di Heinrich Boll, si addensano tre ore della sua vita, tre ore in cui i lettori scoprono il suo misero piccolo mondo e la Germania degli anni ’50. Entriamo nei suoi pensieri, nei suoi ricordi, nella sua commiserazione. La sua vita piano piano si palesa tra fallimenti lavorativi, fallimenti di vita familiare (l’arrivo in casa del padre apre il sipario sulla sua ricchissima famiglia) e fallimenti d’amore. E’ soprattutto l’amata Maria a prevalere su tutto e a piegare la psicologia del clown, Maria la donna della sua vita, cattolica fino al midollo che, per la fede e per la spinta dei comitati cattolici locali, decide di lasciare Hans per un altro, ben più “inquadrato” e “presentabile”. Romanzo cupo e impegnato in cui è forte l’avversione dell’autore verso l’affannosa ricerca del profitto dell’economia moderna, in cui si scaglia contro la cultura borghese imperante e contro le sicurezze ideologiche della fede cattolica. Stride in tutto il romanzo la necessità del popolo tedesco di cancellare la memoria sulle colpe della II guerra mondiale. Un amaro capolavoro.



New York, anni’50 

Il più grande contrabbassista jazz del XX secolo, dopo “Pithecanthropus Erectus” del 1956, registra un altro gioiello nel 1957 “The Clown” che verrà pubblicato solo nel ‘61. Quattro pezzi per circa quaranta minuti di musica che anche al più ignorante fruitore di jazz potrebbero far rizzare le orecchie, i capelli e, perfino, qualcos’altro. Difficile trovare qualcosa di sessualmente più irresistibile di “Haitian Fight Song” dove il crescendo musicale parte dal suo mitico contrabbasso e continua grazie all’entrata in scena di uno strumento dopo l’altro. Cinque strumenti, governati con assoluta maestria da Charles Mingus (naturalmente al basso), Shafi Hadi (sax alto e tenore), Jimmy Knepper (trombone), Wade Legge (pianoforte) e Dannie Richmond (batteria). In “Blue Cee” l’assolo di Charles lascerà senza parole mentre in “Reicarnation Of A Lovebird” è fin troppo chiaro il richiamo a Charlie Parker, altro autore monumentale del jazz del secolo scorso e di quelli a venire. Chiude ”The Clown”, decisamente più sperimentale rispetto alla altre, dove la voce narrante di Jean Shepherd racconta la vita di un clown tra palcoscenico e privato, scavando nella complicata psicologia del personaggio. Un dolcissimo capolavoro.


Brescia, 2013

Accostare “Opinioni di un Clown” di Heinrich Boll e “The Clown” di Charles Mingus potrebbe apparire una scelta molto semplice e scontata. Clown da una parte e clown dall’altra? No. Forse per l’accostamento temporale? Mentre negli anni ’50 a New York si suonava jazz e ci si divertiva, la Germania era in pieno periodo post-guerra alla ricerca di una nuova dimensione internazionale dopo le meritate scoppole della II guerra mondiale. Forse per l’attitudine psicologica dei due capolavori? Se nelle pagine di Boll le idee nascono, crescono e si attorcigliano nella mente del borghese Hans, nelle note di Mingus le idee nascono, crescono e si attorcigliano intorno alle dita del compositore statunitense. Entrambe le opere sono un libero sfogo della genialità dei due autori, sono uno tsunami emotivo che travolge impetuosamente chi si trova nei paraggi. E le atmosfere? potrebbe dire qualcuno. Molto simili, a tratti allegre, quasi ridicole, a volte confuse e sconclusionate. Ogni persona ha un piccolo clown dentro di sé. Opere adatte per chi ha paura di affrontarlo a viso aperto o per chi ha voglia di incontrarlo. Per chi ha voglia di gustare il dolce sapore che offre l’amaro sorriso di un pagliaccio. 

4 commenti:

  1. Ma cosa te lo dico a fare, SEIMANI PAGLIACCIO!!!!!

    RispondiElimina
  2. Bibliografia Heinrich Boll21 ottobre 2013 alle ore 17:32

    1948 - Il legato (Das Vermächtnis)
    1949 - Il treno era in orario (Der Zug war pünktlich)
    1951 - Dov'eri Adamo? (Wo warst du, Adam?)
    1952 - L'angelo tacque (Der Engel schwieg)
    1953 - E non disse nemmeno una parola (Und sagte kein einziges Wort)
    1954 - Casa senza custode (Haus ohne Hüter)
    1955 - Il pane dei verdi anni (Das Brot der frühen Jahre)
    1957 - Diario d'Irlanda (Irisches Tagebuch), Mondadori
    1957 - Die Spurlosen
    1959 - Biliardo alle nove e mezzo (Billard um halb zehn)
    1962 - Un sorso di terra (Ein Schluck Erde)
    1963 - Opinioni di un clown (Ansichten eines Clowns)
    1964 - Lontano dall'esercito (Entfernung von der Truppe)
    1966 - Termine di un viaggio di servizio (Ende einer Dienstfahrt),
    1971 - Foto di gruppo con signora (Gruppenbild mit Dame)
    1974 - L'onore perduto di Katharina Blum (Die verlorene Ehre der Katharina Blum)
    1979 - Assedio preventivo (Fürsorgliche Belagerung)
    1981 - Cosa faremo di questo ragazzo? (Was soll aus dem Jungen bloß werden?)
    1982 - Terreno minato (Vermintes Gelände)
    1983 - La ferita (Die Verwundung)
    1985 - Donne con paesaggio fluviale (Frauen vor Flusslandschaft)
    1998 - Croce senza amore (Kreuz ohne Liebe)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. "Cosa faremo di questo ragazzo?" del 1981 è un libro che parla della gioventù di Seimani. L'autore nelle trecento pagine non riesce a decidere quale sia il destino peggiore per il lurido.

      Solo con "Terreno Minato" del 1982 riuscirà a focalizzare l'opzione migliore per SEIMANI: metterlo in un campo minato dagli afghani in lotta contro i russi.

      Elimina