Rock Readings

Neil Young - Il sogno di un hippie


di Maurisio Seimani


"...accetto la natura estrema dei miei doni e dei miei fardelli, dei miei talenti e dei messaggi: i miei figli con le loro unicità, mia moglie Pegi con la sua bellezza ed il suo infinito rinnovamento. Ti suono troppo cosmico? Non credo, amico mio. Non dubitare della mia sincerità, perché è quella che ci ha condotto qui insieme. Adesso."
(Neil Young, pag. 128)

Prima di passare in rassegna gli innumerevoli pregi di Il sogno di un hippie, stupefacente autobiografia del celeberrimo cantautore canadese Neil Young, pubblicata pochi mesi or sono da Feltrinelli, concedetemi una premessa polemica. Perché in Italia siamo usi rinominare film o libri stranieri appioppandogli titoli che spesso nulla hanno a che fare con quello originale? Perché insomma un libro dal titolo Waging heavy peace dovrebbe uscire nel nostro paese col titolo de Il sogno di un hippie?
(Chiusa la premessa polemica)

Le ragioni per cui credo che un libro simile non possa essere ignorato, non solo dagli appassionati della musica di Young ma in generale da tutti coloro che amano il rock, sono essenzialmente tre.

Primo: per com'è scritta non v'è dubbio che si possa mettere la mano sul fuoco che la citata autobiografia sia stata realmente redatta da mr. Young di proprio pugno. Fin dalle prime righe dunque, la sensazione è quella di starsene seduti accanto al cantautore di Harvest e Ragged Glory, mentre il nostro, con la stessa franchezza e semplicità di un buon amico, ci apre le porte del suo vecchio ranch, raccontandoci la quotidianità del suo presente, i suoi nuovi sogni per il suo ed il nostro futuro, e, non bastasse questo, gli slanci, le vittorie, le angosce, del suo ineguagliabile passato. Ne Il sogno di un hippie Neil Young si mette a nudo come pochi artisti avrebbero il coraggio di fare, toccando con estrema delicatezza temi difficili e anche profondamente personali: dal tenero rapporto con la moglie Pegi, ed i figli Ben, Zeke e Amber (i primi due affetti da problemi neurologici), al forte legame con la madre ed il padre (che se ne andò di casa quando Neil era ancora un bambino), fino al grande affetto per i numerosi compagni incontrati sul cammino: gli Squires (il suo primo gruppo, che si muoveva da un locale all'altro a bordo di un gigantesco carro funebre), i Buffalo Springfield, i Crazy Horse, Stephen Stills, David Briggs, Dave Whitten, ed al susseguente dolore (e talvolta profondo senso di colpa) per la morte di alcuni di essi. E poi i problemi d'epilessia, i suoi primi impacciati rapporti con l'altro sesso, il suo disappunto (che si trasforma in vera e propria maniacale battaglia) verso la scarsa qualità audio degli MP3, la mania per i plastici ferroviari e le auto d'epoca...(Si apprende addirittura quale sia stato il pretesto per la scrittura del libro, e cioè una semplice ferita al piede, seguita da lunga convalescenza, che Neil non tralascia di descrivere in ogni suo dettaglio...)

Secondo: seguire il racconto del signor Young è anche tornare in contatto con un mondo rock sempre più perduto e quasi dimenticato, di cui il racconto stesso si fa in qualche modo brillante spaccato. Un mondo fatto di lussuose auto anni 50 che sfrecciano lungo le coste della California, soldi, donne, birra e marijuana (of course!), ma anche case comuni nelle quali i musicisti condividevano tutto (musica, cibo, vita, vittorie e sconfitte), piccoli cottage di legno abbarbicati su una scogliera che diventavano teatro di sessions infuocate, collaborazioni tra grandi artisti che nascevano da una semplice stretta di mano e, talvolta, anche da un semplice gioco di sguardi. Personaggi di un'altra epoca, insomma, d'altra risma, il cui codice morale ricorda scenari alla C'era una volta in America, e contesti legati ad una certa innocenza selvaggia del rock che, piaccia o meno, oggi è ormai difficilmente riscontrabile.

Terzo: c'è poi tutto il resto. E cioè tutto quanto non è possibile rendere con una semplice recensione e che solo la lettura completa di un'opera così sincera, vera, e brillante può fare capire al lettore.

Ed allora, amici musicanidi, io non posso far altro che defilarmi e consigliarvi vivamente la lettura della biografia in oggetto. E' veramente un grande viaggio. E se proprio questo viaggio non lo farete mai, fate almeno partire il video sottostante e leggete quanto scritto sotto.
E se non vi fa alcun effetto...beh, fuori da questo blog!


("Ricordo una volta in studio mentre registravamo, incrociai lo sguardo di Ralph. In quell'attimo era in uno stato d'estasi pura; siamo entrati in contatto visivo e non ho mai smarrito quella sensazione. E' come se di colpo avessimo percepito tutta la potenza del Cavallo! Ora Ralph mi dice sempre: "Non guardarmi mentre suono". Io so perché. Non vuole pensare all'aspetto che ha in quel momento. Vuole suonare. Per cui cavalchiamo insieme ma anche da soli. Il Cavallo Pazzo è un animale a sé. Chiunque abbia assistito personalmente al fuoco di fila sprigionato dal Cavallo sa di cosa parlo." Pag. 23)

1 commento:

  1. Nome tradotto male?
    chiedi a Francois Truffaut regista francese della nouvelle vague che nel 1970 si vede tradurre il suo "Domicile Conjugal" in "Non drammatizziamo...e' solo questione di corna". La risposta e' semplice i titoli servono da richiamo per le allodole. 5 compreranno il libro perche' e' di Neil Young e 5 lo compreranno perche' c'e' la parola HIPPIE nel titolo...poi c'e' sempre qualcuno (come Jebediah) che lo comprera' per le parole IL DI e UN

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