Ten Second After: Veri Idoli

Che vita di merda starsene tutto il giorno a smanettare su internet alla ricerca delle ultime novità; scaricarle o ascoltarle attraverso i canali, ovviamente legalissimi che la rete ci offre, e recensirli (leggi alle voce scrivere 2 cazzate in base anche allo stato d'animo del momento) per voi, nostri affezionatissimi e gentilissimi lettori. Peccato che poi...mi sveglio e devo andare a lavorare, era solo un sogno, cazzo sti sogni!  
Burn Music Burn


di RSK

FALSE IDOLS di un vero idolo

“Ti immagini che vuol dire essere Rihanna? Lascia perdere la musica, considera solo la vita che fa, i suoi interessi… pensaci bene: deve essere qualcosa di terribile”.
Adrian Thaws

Venite genti accorrete, ascoltate la buona novella. Tricky Kid e' tornato.Non prestate attenzione a quanti qua e la scrivono e dicono che sia sempre la solita solfa frutto di mancanza di ispirazione. In questo scorcio di post millenium torna la tensione dei vecchi tempi. Il caro vecchio trip hop e' risorto dalle ceneri. Una decina d'anni fa il nostro decise di farne un falo' e di abbandonare le nebbie bristoliane per il sole accecante della California. A distanza di tre dischi e non pochi alti e bassi Tricky torna con una prova che fa gridare al miracolo e che fa sperare ad una nuova stagione del bristol sound magari in attesa di altri eccellenti ritorni (Massive Attack e Portishead per dirne due a caso). Il suono e' giusto un puntino meno oscuro delle migliori prove del nostro ma dimostra come il genere non sia affatto invecchiato. Supportatato dall'incredibile voce di Francesca Belmonte con la quale duetta in alcuni dei migliori pezzi del disco (Nothing's Changed e' tra le migliori cose della sua discografia), Tricky aggiunge qua e la un po' di funk alla consueta ricetta miracolosa che tanto ha segnato la fine dello scorso secolo, per esempio nel brano Parenthesis inciso con la partecipazione di Peter Silberman degli Antlers  e cover della band. Libero da vincoli discografici, autoprodotto, Falsi Idoli e' il nuovo capolavoro di un genere che non finisce mai di sollucherare...


 ULTRAVIOLET di un manipolo di metallari


Quante sorprese ci aspettano ohibo' con il passare dei minuti e delle tracce in questo album? La parola d'ordine? Attitudine.
In questo sesto disco degli americani Kylesa, infatti, al di la' di una ricchissima a volte ben riuscita, a volte meno, serie di mandi e rimandi artistici, che spaziano dall'hard rock (Deep Purple e Black Sabbath su tutti ma anche i piu' recenti Trail of Dead o Sistem of a Down), al metal (i primi Metallica e i Megadeth) fino al combat rap (inchini e lacrime pensando ai Beastie Boys) passando per distorsioni e effettoni degni della migliore elettronica degli anni 2000 (qui vengono alla mente anche certi !!!), l'unica certezza, dicevo, sembra essere l'attitudine. 

Un'attitudine, appunto, da metallari che si sbattono sui rispettivi strumenti ciondolano lunghissime e puzzolentissime chiome al vento, mentre sudano sotto chiodi sgualciti e pesanti un quintale, incuranti del massacro che avviene nelle prime file dei loro concerti. In queste occasioni giovani arrabbiatissimi si prendono a spallate o peggio si lanciano dal palco con urli di guerra cercando riparo tra la folla che come di consueto si apre al loro passaggio come il Mar Rosso al segnale del bastone di Mosè...causando sfracellamenti pazzeschi. E cosi' al vostro scriba viene in mente un concerto potentissimo e divertentissimo dell'anno 1 al vecchio Woodstock della Mandolossa una sera che suonavano gli Extrema; che hanno peraltro pubblicato il nuovo disco non piu' tardi di un mese fa. Posacenere volanti, boccali di birra traboccanti indecenza e pericolosi spigoli di tavoli troppo vicini al palco. Chi c'era alzi la mano destra e dica: "Io c'ero"

Vabbe' filmini mentali a parte resta questo bel dischetto piacevole anzicheno' e talmente incalzante da far scivolare via anche quei capitoli che risultano un po' fragili o ripetitivi. Forse molto clichè ma anche una bella realta' per le orecchie.
Buon ascolto. UARGGHHHHHH


TOMORROW'S HARVEST di un paio di Visitors

Questi BoC sono noiosissimi, non li sopporto!
Justin Bieber

Cazzo che botta! Ho detto...cazzo che botta!
Dove siamo, chi siamo, quando siamo, perche' siamo? ma soprattutto dov'e' il fumo? Forse ai confini del Canada...
Piacciono e innamorano questi due malati di mente scozzesi nati fratelli di sangue e di arte. Potremmo definirli tranquillamente un oggetto di culto perche' per quanto non particolarmente produttivi in termini assoluti di album, 6 in 18 anni, nella loro carriera si sono disimpegnati con progetti paralleli, colonne sonore, collaborazioni ed EP. Hanno creato una musica ed uno stile proprio attraverso pietre miliari dell'elettronica moderna: Twoism l'esordio spurio del 1995, gia' raccontato su queste pagine da Dj Macionela, Music Has the Right to Children, il marchio di fabbrica del 1998 e Geogaddi la consacrazione commerciale del 2002. Dopo anni di silenzio assoluto e un ritorno alle scene caratterizzato da misteriosi segnali e codici lanciati in rete arriva finalmente Tomorrow's Harvest. Lo stile ormai consolidato e la fine dell'effetto sorpresa non sembrano togliere assolutamente nulla a questa opera. Entrare nel loro mondo non significa affatto rilassarsi e lasciarsi cullare dalle onde sonore, piuttosto significa avventurarsi in un viaggio di sola andata dall'incerto ritorno verso mondi inesplorati. Non prestare attenzione a un pezzo come Jacquard Causeway non lasciarsi trascinare dal suo incedere sghembo e sincopato significa essere insensibili a qualsiasi cosa o avere il cervello in pappa. Non perdersi nei meandri ritmici downtempo di Cold Earth o non emozionarsi ascoltando Sick Times significa non avere piu' cuore di quanto ne abbia avuto Caino qualche tempo fa. In estrema sintesi un disco maiuscolo di cui si sentiva la mancanza e l'assoluta necessità.

 

ONCE I WAS AN EAGLE di una ragazzina


Quanta musica c'e' in questo disco? un sacco, veramente un sacco. Eppure stiamo parlando di una ragazzina classe 1990 di nome Laura Marling che a vederla sembra ancora piu' giovane ma, evidentemente, a sentirla non si direbbe. E che non risulti snobismo da "vecchio" questo mio incipit che in realta' si tratta di una dimostrazione di stima per una giovane donna che ha deciso di mettere a disposizione la sua voce per la musica "migliore". Considerata da molti l'erede di Joni Mitchell, paragone azzardatissimo, la folksinger inglese e' gia' al 4 disco. Dimostra senz'altro di avere acquisito un buon mestiere e di saper attraversare l'oceano andata/ritorno senza troppi sobbalzi: Ani DiFranco, Eva Cassidy, un certo country alla Lucinda Williams, addirittura una Patti Smith meno sacerdotessa e piu' casalinga. Voglio dare a fiducia a questo astro nascente del panorama folk inglese ovviamente incensata e riverita nella madre patria e che sembra voler bruciare le tappe talmente in fretta da infastidire certi critici musicali. Caratterizzato qua e la da ritmi orientali molto fichetti il disco, sostanzialmente un disco folk, si distingue per alcuni pezzi veramente validi: I Was An Eagle, Little Love Caster e Pray For Me.

6 commenti:

  1. Tricky magister vitae est.

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  2. Ma chi e' Justin Bieber? e perche' dovrebbe interessarci il suo commento?

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  3. Laura ti amiamo fess, ma fess fess fess...

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  4. Cazzi a parte...il disco lo sto ascoltando di brutto! E' veramente bello...a questo punto e' piu' che consigliato.
    RSK

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  6. Grandissimi Boards of Canada, il disco e' meraviglioso!

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