Fuoco al fuoco
Impossibile tenere in vita una rubrica di reggae senza incappare prima o poi nella figura di Marcus Garvey. Altrettanto impossibile, per chi quella rubrica deve scriverla, non incappare nel timore di sminuire l'immensa portata del personaggio, costretti come si è di questi tempi a confinare vite straordinarie entro gli stretti confini di qualche piccolo post perduto nella grande rete. Cercherò dunque di fare del mio meglio, srotolandovi qui sotto la sua storia come fosse un roboante fiume in piena. Impresa nemmeno troppo difficile, in realtà, perchè la vita di Marcus Garvey, un fiume in piena, lo è effettivamente stata.
Proveniente dalla Saint Ann Parish (Parrocchia di Saint Ann), terra natia (forse non a caso) anche di due grandissimi nomi del reggae come Bob Marley e Burning Spear, egli cominciò a costruire la sua leggenda all'inizio degli anni 10, epoca in cui non ancora ventenne si unì alle battaglie sindacali dei tipografi di Kingston, scrivendo e producendo opuscoli dai contenuti incendiari e radicali. Individuo intransigente, ma anche molto pragmatico, da sempre convinto della possibilità di dare un respiro internazionale alla lotta dei neri per la conquista dei propri diritti, negli anni successivi si occupò (in veste di sindacalista) della tutela degli emigrati giamaicani all'estero, recandosi prima in America Centrale e poi nel Regno Unito, difendendo ovunque i diritti dei lavoratori di colore, quali che essi fossero. Tornato sull'isola nel 1916, guidò uno sfortunato sciopero degli stampatori, sfidando le leggi coloniali che proibivano qualsiasi organizzazione nera autonoma. Si trasferì dunque negli States, nel quartiere di Harlem, a New York, fiducioso che quello potesse essere l'unico posto al mondo da cui cominciare per porre in essere le sue ambiziose idee.
Fiducia che si dimostrerà ben riposta.
Negli anni Venti la sua Universal Negro Improvement Association (UNIA) contava già migliaia di iscritti e centinaia di sezioni dislocate fra Stati Uniti, Centramerica, Africa ed Europa. L'UNIA organizzava congressi che si trasformavano immancabilmente in eventi colossali, i suoi dinamitardi organi d'informazione (il giornale Negro World prima e Black Man poi) conoscevano ormai una diffusione planetaria, il motto "Rosso come il sangue che verrà versato nella lotta, nero per il colore della pelle, verde per la terra che un giorno sarà nostra" imporrà questi colori come predominanti sulle bandiere di qualsiasi movimento di protesta nero scoppiato per il mondo fino ai giorni nostri. Non bastasse questo, l'istituzione successiva della Negro Factories Corporation, controllata dalla stessa UNIA, il cui scopo era la promozione delle imprese nere nel mondo, trasformerà l'associazione in una vera e propria potenza economica e finanziaria, comproprietaria di catene di ristoranti, ditte di traslochi, stamperie, ecc...
Ma non vi ho ancora detto nulla.
Nel 1922 Garvey acquista 4 transatlantici e fonda la flotta Black Star Line, incaricata di riportare in terra d'Africa qualsiasi persona di colore fosse interessata al Grande Ritorno. E dove, ci si potrebbe chiedere? Dimostrandosi ottimo mediatore politico, ottiene la concessione, dal governo liberiano, di una non indifferente fetta di territorio africano, fondando una vera e propria provincia autonoma adibita al rimpatrio. All'epoca Marcus non ha nemmeno quarant'anni.
Personaggio ormai troppo potente, troppo scomodo, giudicato anzi oltremodo pericoloso dalla politica internazionale, Garvey vide infine il suo sogno infrangersi nella seconda metà degli anni Venti: biecamente incastrato dalle autorità americane per frode fiscale, violentemente attaccato e calunniato dai media anglosassoni, arrestato e incarcerato, viene infine costretto alla resa e deportato in Giamaica. (Forti pressioni sul governo liberiano imposero poi a quest'ultimo di rivendere la terra concessa a Garvey ad una potente multinazionale del caucciù.)
Rientrato comunque in patria come un'eroe, Bibbia alla mano, Garvey non si fermò, ricominciando esattamente da dove era partito. Girò per le campagne, per i ghetti più poveri di Kingston, raccogliendo ovunque nutrite folle pronte a farsi infiammare di nuovo dalle sue parole. Parole che ancora una volta parlavano di orgoglio nero, di "Un solo Dio, una sola meta, un solo destino!", di "rispondere al fuoco con il fuoco" e soprattutto si facevano portatrici della più grande delle profezie: "Attenti all'Africa. Verrà incoronato un re nero. E a quel punto il giorno della liberazione sarà vicino".
Il 2 novembre 1931, Ras Tafari, si fa incoronare Imperatore d' Etiopia, assumendo il nome di Hailè Selassiè ("Potenza della Trinità").
E' l'avverarsi della profezia.
E' la nascita del rastafarianesimo in Giamaica.
Quello stesso anno Marcus Garvey si trova a Londra, dove s'è rifugiato, ormai stanco delle continue persecuzioni cui lo costringevano sistematicamente le autorità giamaicane a causa delle sue infuocate arringhe.
Si spegnerà nella capitale del Regno Unito il 10 giungo 1940, povero e dimenticato.
Qui sotto, in suo ricordo, vi propongo Marcus Garvey di Burning Spear. Pubblicata nell' album omonimo, uscito nel 1975, inserito da Robert Dameny nel suo libro 1001 albums you must hear before you die, è un sentito omaggio al grande predicatore nero ed al suo fantasma, così come lo è il seguente Marcus Garvey Ghost, dello stesso autore, che ne reinterpreta le canzoni in chiave più cupa e dub. Semplicemente, ad oggi, una delle canzoni reggae più famose di tutti i tempi.
Enjoy.
Sir Old John, te piase la paloma ? Ohi mi palomita.
RispondiEliminaSEIMANI, un fiume di merda in piena
RispondiEliminaMa com'è che non lo conosce nessuno ? O meglio, sono forse il solo a non averlo mai sentito nominare ?
RispondiEliminaForse perchè è uno di quei personaggi di cui in molti volevano se ne perdessero le tracce.
EliminaLa pagina di Wikipedia, almeno quella italiana, liquida la sua storia in poche righe.
In realtà il terremoto che riuscì a sollevare tra gli anni 10 e 20 non fu meno roboante di ciò che più tardi fecero nomi ben più famosi come Martin Luther King o Malcom X.
Era una persona colta, dalle idee estreme, ma anche molto molto pragmatica e per questo doppiamente pericolosa. Fin dall'inizio aveva capito che per un nero non era possibile alcuna lotta contro il potere, senza prima costruire una potenza economica altrettanto forte a sostenerla.
Credo che nei paesi anglossassoni il suo nome sia più conosciuto che in Italia, ma probabilmente più per le accuse di frode che ne stroncarono l'ascesa, che non per quanto realizzato prima.
Per le sparute tribù rasta fondamentaliste presenti in Giamaica, in compenso, Marcus Garvey ha il peso d'un profeta. Ma anche loro credo tendano ad averne un immagine un po' limitata, perchè molto più concentrata sui ultimi anni da "predicatore di profezie" che non sui suoi anni da atipico rivoluzionario cinico e calcolatore.
Seimani è più stupido di Bersani.
RispondiEliminaIntendi Samuele Bersani ?
EliminaCerto, è impossibile che esista un essere più stupido di Pierluigi B.
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