di Fragoladibosco
...nella vita, se uno vuol capire, capire sul serio come stanno le cose di questo mondo, deve morire almeno una volta. E allora, dato che la legge è questa, meglio morire da giovani, quando uno ha ancora tanto tempo davanti a sé per tirarsi su e risuscitare...
Della serie "i grandi classici della letteratura italiana".
Poche parole, pochi cazzi, il capolavoro di Bassani mi ha sequestrato per tre-quattro giorni dalla mia vita reale. Una splendida detenzione, una prigione dorata che mi ha parecchio intristito dover abbandonare. Racchiuso nel gigantesco giardino della villa padronale della famiglia ebrea-ferrarese dei Finzi-Contini, ho seguito passo passo l'evoluzione dell'attrazione sessuale fra il mai nominato protagonista e Micol Finzi-Contini ai tempi delle famigerate "leggi razziali" nel biennio '38/'39 alla vigilia dell'invasione nazista in Polonia.
E' una piccola storia, comune a chissà quanti, ricostruita sui ricordi dell'autore, un microcosmo della provincia italiana che va a scontrarsi frontalmente con quello che stava accadendo in Europa. Un'oasi di pace dove le vicende di pochi ragazzi (i lunghi pomeriggi passati al campo da tennis, gli studi universitari a Venezia e a Bologna, le chiaccherate a ruota libera sulla politica, la letteratura, la poesia e, direi, l'arte in generale) si legano all'emozioni e alle frustrazioni di una comunissima storia d'amore dove uno viene dolcemente respinto dall'altra. Le solite donne, quelle che fanno soffrire, quelle a cui devi "rubare" un bacio per poter calmare il testosterone impazzito, quelle che ti vengono a dire "no, non possiamo rompere la nostra bellissima amicizia, il nostro rapporto non potrà avere mai un futuro, et cetera et cetera...". Ma-vaffanculo-va, ben sapendo, però, che dei sentimenti altrui nessuno può disporre.
E'uno spaccato di vita giovanile, quella che normalmente tutti devono affrontare, è una linea di confine tra il mondo "classico" aristocratico e borghese e la rivoluzione che la II Guerra Mondiale apporterà nella cultura italiana e dell'intero mondo Occidentale. E' un quadretto idilliaco in una cornice storica fatta di sangue e di morte, di violenza e stupidità fascista, di deportazioni e lager nazisti. Bassani sembra voler dar spazio al passato e alla nostalgia, il presente si consuma nell'attimo e il futuro è a tinte fosche, rese ancora più buie dalle tragedie belliche che s'avvicinano all'orizzonte.
E' un romanzo di "formazione" dove il protagonista subisce sulla propria pelle la forza dirompente, nel bene e nel male, dell'amore, scritta nella meravigliosa prosa di Bassani, fatta di subordinate e contro-subordinate, di parentesi e incisi che s'incastrano alla perfezione in lunghi periodi che paiono dei puzzle perfetti, da leggere e rileggere per apprezzarne i passaggi architettonicamente più complicati.
E'un romanzo da leggere prima di morire. Io, fortunatamente, nella vita son morto solo un paio di volte ma, se proprio proprio devo dire la verità, non ho ancora capito sul serio come stanno le cose a questo mondo. Anzi, più gli anni passano e meno ci capisco. Forse i vecchi hanno ragione a essere rincoglioniti, forse è solo una corazza per poter sopravvivere e tirare avanti.
"Tiremm innanz!", come disse Antonio Sciesa, come lui avendo ben chiaro che, prima o poi, una secca fucilata nel petto non ce la toglierà nissùn.
(Dal capolavoro di Bassani fu tratto l'omonimo film del 1970 di Vittorio De Sica. Quello proposto sopra è un motivo tratto dall'introvabile colonna sonora della pellicola, scritto da suo figlio Manuel)
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