Mercury Rev, Autre Ne Veut, Alpaca Sports, Born Ruffians

di RSK

BORN RUFFIANS: RUFF


I Born Ruffians vengono dal Canada e già di per sé, anche i sassi lo sanno, questa non può che essere una buona notizia. Sono insieme dal 2004 e hanno alle spalle 3 album e un bel po' di mestiere. Il sound del gruppo può tranquillamente rientrare nella categoria dell'indie. Indie pop o indie rock, comunque un suono frizzante e salterino che si rifà anche se in modo, per così dire annacquato, meno distorto, ai Pixies più melodici e ai Pavement meno schizzati o se volessimo citare fonti più recenti ai conterranei Arcade Fire. Ok, non saltate sulla sedia e non illudetevi di aver trovato il disco dell'anno, non è il caso. In realtà RUFF non è un capolavoro ma un album più che piacevole che alla distanza non può che crescere e maturare disvelando tutto il lavoro di produzione soprattutto sulle chitarre. (7/10)



ALPACA SPORTS: WHEN YOU NEED ME THE MOST


Chi l'ha detto che non si possono più fare dischi di pop da "cameretta" decenti senza per forza chiamarsi Belle and Sebastian? Prendiamo, per esempio, questo scanzonato e divertente When You Need Me The Most degli svedesi Alpaca Sports che ripropone con ottimi risultati i cliché cari ai famosissimi, triti e ritriti scozzesi di cui sopra. Disco felicemente malinconico fin dalla copertina rimanda a ricordi d'infanzia, affatto perduti, ma piuttosto da considerarsi come un vero e proprio balsamo per la frenetica vita moderna. Insomma una pausa solare, romantica ma inaspettatamente riuscita. Nessuno, sicuramente, sentiva la mancanza o il bisogno dell'ennesimo gruppo di pop melodico, anche perché un po' demodé, ma ascoltando gli Alpaca Sports ci si rende conto di quanto possa essere rigenerante un bel bicchiere d'acqua fresca. Al secondo disco il progetto di Andreas Jonsson conferma quanto di ottimo si era sentito in Sealed With a Kiss e rinverdisce i fasti di un genere spesso maltrattato. In una parola: Kings Of Convenience. (8/10)

MERCURY REV: THE LIGHT IN YOU

The Queen Of Swans è il titolo del primo brano del nuovo disco dei Mercury Rev nonché del singolo di lancio. Questo è già di per sé un fatto. Li avevamo lasciati nel 2008, quasi un decennio fa di questo passo, quasi un'era geologica discograficamente parlando. Li avevamo lasciati come, direi giustamente, uno dei grandi e pochi gruppi ormai sopravvissuti con merito agli anni '80 e '90. Nella loro carriera, sempre un po' in punta di piedi infatti Jonathan Donahue e soci si sono ritagliati un ruolo di primissimo piano insieme agli amici Flaming Lips nell'evoluzione della musica psichedelica moderna; dream pop, come dicono quelli fichi. Assaporarono addirittura il successo planetario, con l'accoppiata vincente di Deserter's Songs, per me il migliore, e All Is Dream, a cavallo del secolo per poi perdersi un po' con The Secret Migration, disco, se non ricordo male, poco utile alla "causa" della psichedelia. Tant'è il passato è passato e a questo punto li avevamo dati per dispersi e quantomai scettici avevamo accolto l'annuncio del nuovo disco. Ma The Light In You non sembra solamente una prova scontata fatta da un gruppo che, passati gli anni migliori, ha bisogno di mandare un segno di vita. L'impressione è che l'afflato psycho pop, con quella voce eterea e mai invadente, con quelle architetture sonore oniriche e bucoliche, orchestrali e lisergiche che da sempre li contraddistingue, sia rimasto intatto e gli undici brani che compongono il disco mostrino il valore assoluto di questa musica, della loro musica. Il disco si sviluppa, per così dire, in crescendo: parte soft, nell'oscurità della notte e cresce di intensità con il passare dei minuti, verso la luce, come promette il titolo. Lungi da me l'idea di voler risultare criptico, anche perché di solito questo succede quando il disco si ascolta distrattamente; quello che sto cercando di dire è che questo disco suona esattamente come ci si aspetterebbe dai Mercury Rev, con poche eccezioni come la seconda voce femminile in controcanto in alcuni pezzi (Coming Up For Air, Are You Ready) o il sorprendente soul/rockabilly di un'esagitata Sunflower. Il loro sound, quello che li ha resi noti è pressoché presente per tutta la durata dell'album, senza novità, cambi di rotta o rivoluzioni copernicane. Sta a voi decidere se questa sia una ragione sufficiente o meno per dedicare tempo e/o denaro per The Light In You, per noi sì. (7,5/10)


AUTRE NE VEUT: AGE OF TRANSPARENCY

Di solito non amo questa musica, dirò di più, non amo nemmeno prenderla in considerazione. Che musica? La musica "commerciale" che gravita tra il cosiddetto r&b, certo hip-hop moderno e scialato, una buona dose di pop e cazzeggio e il tranky funky. Non la amo perché no, e perché rappresenta il peggio dell'intrattenimento becero e volgare che sempre più ci circonda. Per la seconda volta in pochi mesi però mi devo soffermare su un prodotto lontano dalle mie corde e dai miei gusti ma assolutamente sorprendente e geniale. Dopo il fantastico disco d'esordio di una ragazzina britannica di nome Georgia, questa volta dall'altra parte dell'oceano, precisamente dalla grande mela, giunge alle mie orecchie il quinto disco, tra singoli, ep e altre amenità, di Arthur Ashin in arte Autre Ne Veut (Non voglio altro). Fin dall'iniziale On And On (Reprise) Age Of Transparency stupisce nel mescolare vocalità soul, a tratti gospel con il rumore dello scratch e le sporcature, alleluia, di una chitarra noise, con tappeti sonori tipicamente jazz. Ne viene fuori un patchwork sapientemente miscelato che Ashin definisce soul-baring R&B experiment e che crea nell'ascoltatore una serie impressionante di piacevolissimi cortocircuiti. Il virtuosismo vocale sembra essere il file rouge del disco condito però sapientemente da campionamenti e tappeti sonori che evitano che la voce risulti sguaiata e sopra le righe come quasi sempre accade con i cantanti soul di oggi che, non si capisce bene perché, debbano a tutti i costi fare a gara a chi distrugge più bicchieri con gli acuti. Autre Ne Veut non è affatto un cazzaro e si avvicina alla musica evidentemente con intenzioni prettamente artistiche mostrando peraltro una conoscenza sull'argomento ampia e ragionata. Ascolto dopo ascolto il consenso non può che crescere. (7,5/10)

3 commenti:

  1. Maronn' è una vita che non ascolto i Mercury.
    Mi fido? L'accendiamo?

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  2. Fidati, poi facci sapere...

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  3. Anch'io erano due secoli che non ascoltavo i Mercury Rev. M'incurioscono però soprattutto questi Born Ruffian...sul cofanetto del Boss invece devo dire che The River è quello che mi ha sempre convinto meno dei suoi album "storici". Anche l'album fantasma, mai pubblicato in quello stesso periodo quindi non credo mi impressionerà...forse però mi ritroverò lo stesso ad aprire il portafoglio per il video di quel concerto che vanta una scaletta memorabile e per poterlo ascoltare finalmente in HQ. Inizio con Born to run, 36 pezzi. 3 ore e 49 di durata compelssiva e la E Street band in cannissima nella sua nuova veste rocknroll. Maledetto bottegaio d'un Brus!

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