Michael Nesmith & The First National Band - Magnetic South (1970)

di Johnny Clash, a cura di Joe The Dog

"Mah...risbattiamoci sul piatto il disco di quel matto d'un cowboy!"

E' forse un caso, o una provocazione, che proprio nel momento in cui nel sud degli States vengono ammainate le bandiere degli Stati Confederati, ci si trovi qui a riesumare un album dimenticato e di poco successo dal titolo Magnetic South? Risposta: sì, è un caso. Ci imbattiamo nel secondo disco solista dell'ex componente dei The Monkees Michael Nesmith per una mera coincidenza e dopo un primo ascolto tra il divertito e l'interdetto, ecco che una pazza idea torna a ripresentarsi alle nostre menti sempre più energica ed irresistibile:
"Sì...perchè non ci risbattiamo sul piatto il disco di quel cowboy mezzo matto?"


Magnetic South vede la luce nel 1970 ed è il primo disco di Nesmith dopo la sua uscita dai Monkees, celebre gruppo californiano creato a tavolino dai produttori televisivi Bob Rafelson e Bert Schneider con l'intento di replicare il successo delle band della British Invasion copiandone piglio ed estetica (operazione che peraltro frutterà qualcosa come 75 milioni di dischi venduti nel mondo in soli 5 anni d'attività). Il disco segue lo strumentale The Wichita Train Whistle Sing del 1968, vero esordio solista di Nesmith (in verità abbastanza prescindibile), che però per primo tradiva la volontà dell'artista di svincolarsi dal pop commerciale della sua band d'origine, alla quale resterà comunque legato ancora per i due anni successivi. La stessa volontà trova comunque la sua quadratura  definitiva nella sua seconda opera qui citata, che prendendo marcatamente le distanze da tutto quanto prodotto in precedenza con i Monkees, si disfà completamente del loro fortunatissimo bubblegum-pop californiano, indirizzandosi invece  pregevolmente su sonorità folk, country e traditional proprie delle terre d'origine di Nesmith, texano di Houston invero solo trapiantato in quel di Los Angeles.


Ovviamente, tutto questo non basterà. Nonostante Magnetic South si possa tranquillamente definire un sublime gioiellino di country rock americano, probabilmente molto migliore di tante opere appartenti al genere sfornate da gruppi come Eagles e compagnia bella nel corso degli anni Settanta, resterà relegato alla posizione 143 nelle classifiche di Billboard, probabilmente vittima del pesante passato monkeyano di Nesmith e della conseguente scarsa credibilità riservata a quest'ultimo dal reazionario mondo del country-rock.

Sarò chiaro. A me normalmente questa musica non piace. Mai amato gli Eagles, appunto, e mai particolarmente stimato questo country-rock che gruppi affini hanno prodotto in gran quantità tra l'inizio e la fine degli anni Settanta negli USA. Eppure Magnetic South è qualcosa di diverso, è una chicca che solletica i timpani poggiandosi sugli stilemi più classici del genere, che però riesce a portare alla sublimazione proprio nel momento stesso in cui giocosamente li stravolge e li caricaturizza. Fin dal primo giro d'accordi di Calico Girlfriend, che fonde sonorità tropicalia con riff di slide guitar stile Old Tenessee, l'album si rivela in tutto il suo dichiarato magnetismo. L'impeccabile ballata Nine Times Blues scivola a seguire verso il groovy-blues di Little Red Rider e non si fa tempo a storcere il naso per la "banalina" The Crippled Lion, che l'opera riparte alla grande con lo scoppiettante First National Rag, che fa da spartiaque fra il singolo Joanne ed il yodel-rocknroll di Mama Nantuket. Altre note di merito per il rock con coda psichedelica di Holliwood e la conclusiva Beyond The Blue Orizon, ballata stralunata che saluta tutti quanti fra grotteschi toni da musical.

Alla fine non è solo una pazza idea. Eccessivo nel suo folk-sound, degno di una travolgente puntata della serie Hazzard, Magnetic South è allo stesso tempo la prova magistrale di un artista ispirato e la rivelazione di una band d'accompagnamento, la First National Band, in uno splendido stato di forma. E' una gemma. Una gemma strana. No, non è infine solo una pazza idea quella che porta a dirsi:
"Mah...risbattiamoci sul piatto il disco di quel matto d'un cowboy!", è che questa roba è magnetica. Sul serio.

12 commenti:

  1. DON'T MESS WITH TEXAS!

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  2. Daisy Duke Dio del mese!

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  3. A me me piacciono deppiù li Monkis!

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    1. Per quanto furono appunto un gruppo creato a tavolino hanno molte buone canzoni.

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  4. "Non cercano un trofeo, ma trasformano in rodeo, ogni prato libero ad HAZZZZAAAAAAARD!!!!!"

    funculo il multavelox rocknroll!

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  5. Vi seguo dal concerto di Patti Smith al Vittoriale, avete un sito strano, che cambia forma ogni tre per due saltando di palo in frasca...ci piace!

    Bello sto disco nel suo genere.

    ciao!

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  6. le piume di pavone sulle maniche numero uno!

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  7. Vogliamo Albertelli ospite in uno dei cinquemila festival musicali dell'estate brescianal...sarà possibile?

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  8. Gli Eagles sono tra i gruppi più sopravvalutati della storia del rock.

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  9. In quegli anni ho avuto la fortuna di stare negli States ed era la musica che andava. C'erano loro, gli America, i Chicago, i Doobie Brothers...a pensarci ora poca roba, ma quella era la scena USA e quei gruppi erano il meglio del rock delle nuove leve. E' per quello che a metà dei 70 là negli USA dischi come Horses o Born to run furono accolti come bombe. Perchè al confronto col resto lo erano. Chi c'era se lo ricorda. E' per quello che a Londra più o meno contemporaneamente si inventarono il punk. Si parla tanto con nostalgia della musica dei 70, ma negli anni 70 si assisteva già solo all'involuzione di quello che erano stati i 60. salvo poche eccezioni come quelle citate sopra la musica dei 70, al confronto con quella immediatamente precedente era proprio poca cosa. I Monkees me li ricordo perfettamente ma non avev mai saputo che Nesmith avesse avuto una carriera solista. Ascolterò.

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