Musicanidi di Maurisio Seimani: Swans, The Afghan Whigs, Ray Lamontagne

a cura di...Maurisio Seimani

SWANS - To be Kind

Sarò sincero, da che sono tornati in circolazione, dopo 13 anni di silenzio, non si sa mai che scrivere del "nuovo disco degli Swans". Primo perchè di fronte alla profondità ed alla complessità di questi progetti ci si trova quasi in imbarazzo a scriverne. E poi perchè quand'anche si volesse trovare un appunto da sollevare verso questo gruppo, come non apparire meschini di fronte all'assoluto valore dei loro prodotti? Questi non sono album, sono epiche esperienze musicali fuori dallo spazio e dal tempo, imprigionate in mondi celestiali ed infiniti, che riescono a comprendere allo stesso tempo, e paradossalmente, anche i nostri pensieri più bui e claustrofobici. Esperienze musicali a cui sembra impossibile dare un nome oltretutto. Che è questa roba? Post rock, rock d'avanguardia, post noise, new psychedelic rock, experimental rock? Circa 120 minuti di musica con ben 5 pezzi oltre i 10 minuti ed una suite Bring the sun/Toussaint L'Ouverture che ne dura 34! Cadute di stile? Praticamente nessuna, ogni singolo attimo di quest'opera (e qui si usa il termine opera non a caso) suona intenso, ispirato, e profondo. Un capolavoro dunque? Tirate le somme sì, ma visto che siamo dei pulciosi musicanidi, e di apparire meschini non ce ne frega nulla, vediamo di tirare fuori anche un po' di insolenza e sollevare perciò anche un appunto verso questa band. Questa compagine gigantesca produce album giganteschi, ma...anche il dono della sintesi non può essere talvolta considerato un valore in campo musicale (e non)? E' sbagliato, dunque, sottolineare che questo approccio swanesco in alcuni momenti suona anche un po' pesante e prolisso? E dunque: quanto volte ci concederemo l'ascolto di un disco simile, una, forse due? E quanti di quelli che si riempiono la bocca oggi col nome degli Swans l'avranno realmente ascoltato tutto, una volta, dall'inizio alla fine questo disco? Esistono davvero gli Swans al di là del loro mito? Il tutto rischia cioè a tratti di suonare come un capolavoro indecifrabile e troppo lungo che chiama infine un moto di illogica ribellione verso il capolavoro stesso. Come la Corazzata Potemkin trasmessa durante la partita dell'Italia nel noto film di Fantozzi che infine fa esplodere il nostro ragioniere con un: "La Corazzata Potemkin è una cagata pazzaescaaaaa!" Ecco, per rappresaglia e sfinimento viene a momenti da scriverlo dopo l'ascolto integrale del "nuovo disco degli Swans"..."L'ultimo degli Swan? E' una cagata pazzescaaaaaaa!".
Anche se poi, per inciso, La corazzata Potiomkin è un capolavoro. Ed anche l'ultimo degli Swans. (Maurisio Seimani)
In una parola: ... (non è un errore i tre puntini stanno proprio per "...").
Giudizio: 4 palle, ma "..."



The Afghan Whigs - Do The Beast

Ma quanto tempo è passato dal loro ultimo album? Quindici anni. Dove sono finiti in tutto questo tempo? Dove eravamo noi quindici anni fa? Un’eternità è passata, ne è passata di acqua sotto i ponti, miliardi e miliardi di kilobites sono fluiti nelle nostre orecchie. Ma cosa sono tornati a fare? Perché? Ma, soprattutto, era veramente necessaria questa reunion? Per un fan sfegatato come me è stata una bellissima sorpresa,  un’emozione incredibile, leggere un po’ ovunque “uscirà il nuovo album degli Afghan Whigs”. E’ stato un po’ come rivedere la vecchia classe delle superiori a una cena organizzata, vecchi ricordi che tornano a galla. Giuro, al primo ascolto la paura è stata tanta. Il rischio di rimanerci male era serio ma, fortunatamente, tutto è filato liscio, fin troppo. Greg Dulli, il front-man deux ex-machina della band, è tornato, con una stuola di collaborazioni, ispirato come sempre nonostante il mitico chitarrista Rick McCollum se ne sia andato con la sua chitarra tagliente e sincopata, marchio di fabbrica del gruppo, insieme alla voce meravigliosa di Dulli. Le sonorità rock proposte non si allontanano comunque dai capolavori degli anni ’90 (“Gentleman” e “Congregation” dovrebbero sempre far bella mostra in ogni collezione che si rispetti). Gli umori malati sono sempri i soliti: rabbiosi, sporchi, sofferenti, elettrici. Non ho idea quale possa essere il loro futuro. La carta del ritorno l’hanno già giocata. Servirà uno sforzo creativo notevole per superare il loro sound ancora ben ancorato al mood del grunge dei primi anni ’90. Continuare a ripetersi non sarà più possibile, non sarebbe dignitoso per una band come gli afgani. Per chi non li avesse mai ascoltati, “Do the Beast” potrebbe risultare prescindibile, forse sarebbe meglio partire dalle loro prime uscite. Per i loro fan old-style un gradito ritorno, un buon ascolto nostalgico. (Tommy ThecaT)
In una parola: nostalgia
Giudizio: 3 palle



Ray LaMontagne - Supernova

Mi chiedo: perchè? Perchè nella mia vita mi devo ritrovare a parlare male di un disco di Ray Lamontagne. L'ho scoperto tardi questo autore, e cioè ai tempi di God willing and the creek don't rise, disco del 2010 in cui il nostro riusciva a stregarmi con pezzi folk di rara bellezza ed una canzone, This love is over, che è per il sottoscritto una delle ballate più belle di questi nostri anni Dieci (dobbiamo chiamarli così?). A quel punto, procedendo a ritroso, andai a scoprirmi anche le opere precedenti del nostro, che mi rivelarono l'esistenza di un cantautore folk ispiratissimo, da annoverare senz'altro tra i grandi nomi del cantautorato americano moderno. Ebbene: era da quel lontano 2010 che non usciva più nulla del nostro Ray Lamontagne ed è stato dunque con grande entusiasmo che mi sono lanciato nell'ascolto di questo nuovo Supernova.
E ok, si capisce che Lamontagne in questo caso aveva voglia di cambiare. Il suo tradizionale piglio folk si apre per l'occasione a sonorità più Sixties California, con annessa psichedelia tipica del periodo. Il nostro ha sempre grandi qualità compositive, tanto che a chi non abbia mai ascoltato le sue opere precedenti questo album potrebbe anche apparire bello ed ispirato. In realtà, non è così. Al sottoscritto Supernova appare infatti solo come un maldestro tentativo di LaMontagne di mettersi in scia di cantautori più fortunati di lui (leggasi: Jonathan Wilson) onde vedere se vi sia la possibilità di trovare in questo modo quel meritato successo di larga scala che questo autore non è riuscito a centrare con le sue opere precedenti. Risultato: nel cercare disperatamente di imitare qualcosa che non gli appartiene, LaMontagne rinuncia al suo meraviglioso piglio folk, creando un'opera che poco si discosta da tanti prodotti simili di questo periodo. Chissà però che il nostro non riesca a conquistare un pubblico più vasto, anche in considerazione del fatto che una buona fetta di critica questo disco potrebbe pure apprezzarlo. Non il sottoscritto. Se andate ad ascoltarvi le opere precedenti di questo artista non potrete che trovare Supernova un disco senz'altro benfatto, ma soprattutto...solo molto molto furbo. (Maurisio Seimani)
In una parola: furbo.
Giudizio: 2 palle e mezza.



10 commenti:

  1. Oh, finalmente.
    Vienna iniziava a starmi un po' sui cojoni.

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  2. Cazzo, ma Seimani sta diventando una serpe!!! E' riuscito a dire che il disco degli SWANS è una cagata pazzesca e un capolavoro nell'arco di due righe...penna sempre più sapida.

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  3. No, è brutto quello di LaMontagne? Ascolterò, lui è un grande!

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    1. Non è proprio brutto, ma come ho scritto secondo me tutto quanto ha fatto prima è meglio di questo.

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  4. Ascoltati i tre dischi non posso che convenire su tutto.

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  5. SEIMANI, guarda che te 'mbuco 500 Lire dentro all'occhi e poi te uso come carrello pella spesa

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  6. Bellissima la canzone di Cinelli

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  7. Musicazzidi sempre più in canna.

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