The Bellrays



Black Lightining
a cura di Maurisio Seimani
Diciamolo, a volte serve anche il bel disco schitarrone, uno di quei dischi che, senza andare troppo per il sottile, ti molla due ceffoni in faccia, ti guarda dritto negli occhi, e ti invita senza troppa cortesia ad alzare il culo dalla sedia. Ecco allora una cantante nera con un detonatore collegato alle sue corde vocali, una chitarra elettrica specializzata nella produzione di riff assassini, e una sezione ritmica che, dalle seconde linee, non è disposta a concedere alcuna tregua a chicchessia. Ecco dunque i Bellrays, band americana che, dall’ alto dei suoi vent’anni di attività, arriva a bombardare le nostre pigre menti con un album riguardo al quale spendere troppe parole sarebbe quasi un’ eresia, perchè di fronte a opere del genere l’ unica parola che potrebbe essere realmente appropriata è una sola: ROCK! This is rock! Segnalata dunque, solamente per dovere di cronaca, la presenza nel disco anche di tre bellissimi pezzi soul, stile STAX anni 70 (“Anymore” è fantastica), nei quali viene esaltata una volta di più l’ incredibile voce della cantante Lisa Kekaula, si può solo decidere di alzare le braccia in segno di resa e di non annoiare oltre. In una parola, quindi, come già scritto: ROCK!
Giudizio: 3 palle e mezza.


Jason Collett – Rat a tat tat (nel video: Lake Superior )
Questo è un disco di canzoni. Di canzoni ...canzoni. Non un disco, cioè, di canzoni indie-alternative post rock o psychedelic vintage pop o sperimental elettronic underground folk o altre cazzate del genere. E’ proprio un disco di canzoni! Di canzoni... canzoni appunto. Sbalorditivo dunque, per certi versi, perchè con tutti gli sperimentalismi che si trovano in giro di questi tempi, ce ne vuole di faccia tosta per presentarsi al pubblico con un normalissimo disco fatto semplicemente di canzoni! Che dire... sembra che questo signor Jason Collett, già membro del gruppo canadese Broken Social Scene, non abbia fatto male a procurarsi questa faccia tosta, visto il risultato finale. Perchè questo "Rat a tat tat" è, soprattutto, un disco di belle canzoni. Un disco, per esempio, che potrebbe piacere tantissimo a chi non ha mai disdegnato le opere soliste di John Lennon e George Harrison, perchè sono soprattutto certe sonorità care a questi due grandissimi cantautori a segnare la via maestra lungo la quale Collett ci invita a incamminarci, mentre il nostro istrionico autore si diverte a tirare in causa, qua e là, altre vecchie buone pellacce della canzone d’ autore (in questo caso americana) come Bob Dylan, Otis Redding, Beck, Wilco (per citarne alcuni) e, a sorpresa, finamai... Prince (sic! “Love is a dirty word” sembra una bella canzone del folletto di Minneapolis). Niente di strepitoso o ecclatante insomma, se non fosse che di questi tempi, nel fatto di imbattersi in un disco che si compone semplicemente di una manciata di buone canzoni, qualcosina di strepitoso ed ecclatante appunto c’ è...
In due parole: Instant Karma
Giudizio: 3 palle


Gold Panda – Lucky Shiner
(nel video: You)
Musica elettronica. Non è un genere a cui sia particolarmente affezionato, ma nell’ arco di questo 2010 mi sono ritrovato più volte ad essere piacevolmente sorpreso da certe pieghe prese da questo tipo di musica, tanto da inserire ben due dischi appartenenti allo stesso ("There is love in you" dei Four Tet e "Swim" del Caribou) tra i 10 migliori dischi dell’ anno (segnalati nella colonna a destra). Proprio alle sonorità del disco dei Four Tet sembra ispirarsi questo disco di Gold Panda e così, anche in questo caso, lo “stunz stunz” caro alla robba elettronica più pesante, viene messo da parte per lasciare spazio ad atmosfere più soft e trasognanti e a soluzioni melodico-armoniche ipnotiche quanto accattivanti. "Lucky Shiner" non ha forse l’ impatto di "There is love in you" dei Four Tet, probabilmente perchè il fatto di avere seguito di qualche mese la sua uscita gli ha completamente negato qualsiasi possibilità di effetto sorpresa, ma ad ogni modo è un disco che possiede una sua ben definita bellezza. E così anche qui, alla fine, pure quelli che non amano il genere si ritrovano a doverlo ammettere: questi suoni elettronici hanno un anima. Un’ anima grande così.
In due parole: Ok, Computer...
Giudizio: 3 palle
Buone feste ai Musicanidi, ci rivediamo e gennaio.
Maurisio Seimani

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